Tell the teacher we're surfin'
“Ma più guadagna più verrà rispettato, se lo ricordi” (Dino Viola a Carlo Ancelotti)
Io e il marketing stiamo vivendo una relazione turbolenta. Una specie di noia pazzesca mi assale nel ripetere ancora customer journey, funnel, ROAS. È un po’ come se esistessero delle tecnicalità svelate, come se fosse rimasto poco da imparare. Non parlo della dimensione tecnica, credo che ci siano sempre cose nuove da esplorare (in questo momento il mio interesse spazia dal Marketing Mix Modeling alle piattaforme e-commerce), parlo della dimensione più culturale del marketing, li io e quella scienza che molti riconducono a Kotler siamo attualmente idiosincratici. Questo mi porta ad avvicinarmi ad altri mondi, ad altri trend, ad altri temi. Ad esempio l’analisi di Ben Evans sul Vision Pro di Apple porta a constatare che se Meta dice con Oculus “portiamo a terra un prodotto poi vediamo”, Apple dice “esco col best in class” (per ora) “per poi tenermi il tempo di portare a terra 10 anni di democratizzazione di quel prodotto”. Evans richiama il primo spot dell’iPod:
spiegandoci che a suo avviso siamo più vicini ad un “iPad moment” che ad un “iPhone moment”, quella che nel mio corso di lancio dei nuovi prodotti all’università si sarebbe chiamata (con un po’ di stretching) innovazione incrementale e non innovazione radicale. O forse dovremo parlare di lungo tempo di adozione per una innovazione incrementale.
Surfando il futuro (si, il titolo di questa newsletter è ispirato dai Beach Boys) mi sono imbattuto in un articolo sulle microculture. Riassumo: “i new media stanno distruggendo gli old media, e questi ultimi non se ne stanno accorgendo”. Di questo articolo ci interessa la dimensione sociale. Secondo The Honest Broker le microculture sono sempre esistite, infatti nella storia solo gli eroi partivano per viaggi e trasferte lunghe. C’è stato un tempo in cui tutti la sera prima avevamo:
visto lo stesso programma televisivo
letto lo stesso giornale
scelto al cinema se andava bene tra Sala 1 e Sala 2.
L’unica alternativa alla cultura (ne micro ne macro) era la controcultura: il punk, l’estremismo politico, il centro sociale. Oggi è tutto cambiato? No. La macrocultura è solo agli albori della propria decadenza, ad esempio le poche piattaforme di streaming controllano il 70% del mercato. Però ci siamo. La claustrofobia verso contenuti infiniti ma polarizzati è una sensazione che non ci piace. Mentre Threads perde l’80% dei propri utenti attivi giornalieri, la partita sembra giocarsi su nuove piattaforme culturali, come Substack, Patreon e molte altre. C’è un problema di prodotto e di modello di business, ecco le prove:
TechCrunch is shuttering its subscription service TC+, as it pushes to reorient its coverage around investors and amid layoffs.
The Washington Post, which has lost roughly 500,000 subscribers since its Trump-era peak, is considering more dynamically priced subscriptions, its new CEO Will Lewis told Semafor.
Time fully removed its digital paywall last year in favor of reaching a broader audience with more ad-supported content.
I micro-cluster significano forzatamente “micro-ritorni”? Direi di no, per quanto i ricchissimi non siano una subcultura ma al massimo un segmento:
Nel lusso il 2% dei clienti ha generato il 40% delle vendite. E come ha detto un exec di Bain: “il problema non è farli spendere, è fargli passare del tempo con te”. Beccatevi sto museo:
È un negozio. Saint Laurent, Parigi.
Per chiudere:
Sempre più dubbi sulle User Persona, sempre più interesse sulle Small User Communities
La moneta da ricercare è il tempo (ad alto livello di attenzione) del tuo target, si trasformerà da solo in denaro
Il rifiuto delle piattaforme potrebbe anche trasformarsi in un rifiuto delle ads, che è un po’ il concetto sostenuto in Digital Marketing senza Meta, visto però da altro angolo. Microculture = Micropiattaforme = Contenuti e Ads ancora più tailor made (e morte degli influencer generici?)
Non è sempre facile unire i puntini, ma la sensazione è quella di aver bisogno di una nuova traiettoria nel targeting.