“La serie di iniziative di formazione che ha ispirato workshop su come affrontare lo stress, come affrontare il cambiamento, come gestire il tempo, alla fine ha trasmesso lo stesso messaggio: che siete solo voi personalmente i colpevoli se avete difficoltà a farvi valere“
(D. Frayne)
È stata una settimana carica di momenti caldi, non è facile trovare un filo comune, e forse non è neanche necessario. Se c’è, risiede però in una parola: operations. Cominciamo dal “nemico” (ma è meglio dire coopetitor) delle operations, il marketing stack:
A marketing stack is a grouping of technologies that marketers leverage to conduct and improve their marketing activities. It can include software products such as an email marketing platform, a content management system, a customer relationship management system, and analytics tools. A marketing stack helps marketers automate tasks, measure the impact of their campaigns, and optimize their spending.
Il gancio viene da un amico, che ha stressato più di altri questo concetto. Ed è esattamente il concetto che segue ogni mio framework, volete vedere l’ultimo?
Ogni anno vengo chiamato a raccontare ai dealer automotive l’intersezione tra il digitale e il loro mestiere. Il Dealer Day 2023 di Quintegia è stato spettacolare, ed io ho tenuto un talk con uno dei due fondatori di Gummy Industries: Alessandro Mininno. Dopo aver ingurgitato una cotoletta e due Gin Tonic, abbiamo cercato di dimensionare il marketing, ed applicarlo ai roboanti venditori d’auto. Il modello che ho presentato è estremamente semplice:
Muovi da un concetto di personas a quello di community
Per ogni community che individui sviluppa un marketing plan (maledetto funnel in apice)
Scegli il tuo obiettivo tra i 3
Disegna 3 piani: marketing, retail, sales. E falli lavorare assieme
Content e Delivery Strategy
Un etto di dati di prima parte e comparsa del data enrichment (soprattutto nell’automotive) come leva strategica
Analytics e BI sempre sugli scudi
Ho alzato di molto il mio framework. Basta measurement plan, google performance max, knowledge graph. Sono cose che la newsletter di Giorgio Tave spiega meglio della mia. Quello che io posso fare è ricordare che serve una progettualità e che va disegnato un impianto di marketing solido e strutturato. Un gancio ci conduce alla seconda storia: il peso della storia. Oggi per un dealer è bello o brutto avere un concessionario da riempire? Nn parlo del paròn veneto che ci pianta 5000mq di pannelli solari e trasforma un business imprenditoriale in immobiliare, parlo del fatto che Tesla ha fatto scelte diverse, e sarà probabilmente capofila di un nuovo approccio retail. La storia come zavorra, The Burden per il Jordan raccontato da Buffa. La storia però pò esse piuma e pò esse fero. Guardate questa foto:
L’ho scattata quasi di nascosto nel salottino di un’azienda che ha 202 anni: Luxardo. Un bel mercatone B2B, quello delle bagne alcoliche con cui mezza Italia fa i dolci, ma anche una bellissima storia internazionale fatta di Maraschino e Sangue Morlacco. Qui la storia pesa in positivo, e Giorgio Luxardo sa bene che c’è un’altra via, diversa dai fondi e dal venture capital. È la via delle PMI sane, che funzionano. A proposito la marasca, è la ciliegia selvatica. E veniamo alle operations: io e Giorgio ci siamo immaginati come sia fatto un e-commerce B2C di Maraschino e Sangue Morlacco, forse non è troppo diverso da Raró (a proposito c’è la whisky week). Ma le operations? Spedire all’estero un distillato o un infuso somiglia all’inferno delle accise. E spedire in Italia contemporaneamente vuol dire qualcosa come due magazzini. E non vi dirò che un amico che dirige uno dei più grandi e-commerce d’Italia mi ha raccontato che la politica di picking può pesare il 10% sui resi e gli errori di spedizione. Tema magari non estremamente sexy per il Netcomm (che dicono sia stato una figata pazzesca) ma sicuramente da non sottovalutare. E un motivo ci sarà se molte e-commerce agencies impacchettano (rif. ultima newsletter di Gianluca Diegoli) servizi sempre più strutturati, tipo spedizione e gestione dell’intera “filiera”. Se c’è una certezza, è che soldi e risultati sono nei posti più garbage, e di certo nelle operations di sexy c’è poco. Ma non mi stupirei se scoprissimo che la customer experience risiede nelle operations di qualità.
L’ultimo giro di giostra del venerdì l’hanno guidato Paolo Bergamo (OverIT) e Lerrj Piazza (OZ Racing) all’università di Padova. Agli ingegneri gestionali hanno portato temi veri, e raccontato come ci si sente a destagionalizzare il lavoro di un gommista o a ricevere una telefonata da Steve Jobs. Una delle cose che più mi hanno colpito è il “rifiuto dell’eccellenza” che Paolo Bergamo ha raccontato. È la storia di una ragazza che sa codare nove volte più veloce degli altri, lui le chiama A+ people. Ma Paolo ci mette in guardia dal costruire un team di A+ people. Persone che hanno pretese, sfidanti, complesse. Questi outliers sono fondamentali per l’azienda ma vanno messi a lavorare da soli.
Sono sempre più convinto che esista una via educata, non per forza gentile, di fare business. Una via fatta di poca finanza e tanta economia, che si base sul fare le cose e narrare ciò che si fa, non underdeliverare ciò che si narra. E adesso vado a vedere gli internazionali di tennis, magari ci esce la newsletter della prossima settimana.
Ogni tua newsletter io la vivo come una tua presentazione. Mi immagino le slide e tu che parli :D