“Quegli che vogliono sopravvincere sempre perdono“
(Niccolò Macchiavelli)
Una frase che mi è sempre rimasta impressa appartiene al docente con cui mi sono laureato, mi disse: “nella vita o scegli un contenuto o scegli le relazioni”. Forse il mio ultimo week end rappresenta l’essenza di questa frase.
La mia trasferta romana, tutta vissuta con gomme da pioggia, comincia con un treno di buon mattino a Bologna e l’arrivo all’hotel Kennedy, detto tra noi non propriamente il Ritz. Gli internazionali di cui sopra e Bruce Springsteen rendono booking refrattario a qualsiasi opportunità sotto i 500 euro o sopra una stella, io mi rifugio nel portale American Express e trovo questa “soluzione” che comunque non auguro ai più. Per la verità il posto è estremamente pulito, ma non c’è evidenza di altro. Dell’American Express un giorno parleremo, 80 euro l’anno per sentirsi parte di una comunità non comunitaria, ma è comunque divertente. E un po’ snob.
È forse nel mestiere del marketer quello di sconfessare un po’ sé stesso, ed è nella narrazione di cui siamo ambasciatori l’idea di cercare ganci che spingano sull’open rate, i trigger: per tutti questi motivi in questo soleggiato venerdì ho fatto morire i lead. Era già successo a un vecchio B2B Day (a proposito, è uscito l’osservatorio 2023) col funnel, insomma un sacco di morti.
Sono stato agli internazionali di tennis a vedere la finale poi vinta da Medvedev, ma la finale mica l’ho vista. Ho cenato alla Pro Loco Trastevere con Enrico Marchetto e Michele Galetto, e la mattina dopo ho fatto 15.000 passi per visitare Grué Roma, una pasticceria che fa la differenza. Roba così:
Col branding era partita carica, io vivo di ossessioni e quella di questi mesi è l’ossessione per il retail, 3 nomi:
Tiramisù Pompi
Urbani Tartufi
Frantoio Muraglia
Cosa hanno in comune questi brand? Un grande stand nelle grandi stazioni. Qui siamo oltre Barilla, a cui arriveremo, siamo tra la fat head e la long tail, diciamo in quella middle tail che ti fa sentire appagato per essere uno scrutatore non votante del branding. Un po’ come sposarsi con un abito di Tombolini e scoprire che esiste quello di Kiton (5k di differenza, bellezza).
E io la finale mica l’ho vista. Ma la cena con Michele, che è un amico, gli ha ricordato che esisto, ed in un do-ut-des idiosincratico ha deciso che dovevo fargli compagnia all’hospitality super VIP di BNP Paribas. Ho stretto due mani, stamattina ho una call generata da quegli eventi.
E io la finale mica l’ho vista. Ma ho visto Nico, l’amico mio che vende le macchine a Rovigo. E Nico che mi ha detto che i lead che gli arrivano dal web sono spompati e poco performanti. Vecchissima storia. Una storia da combattere a colpi di Data Enrichment e BDC.
La verità è che io morirò povero perché mi sono un po’ rotto le scatole delle cash machine, perché le cash machine non le so creare. Ieri ho pubblicato questo:
Seguo con interesse Francesca da molto tempo, ma ho percepito una frizione nel momento in cui ha cercato di monetizzare la propria visibilità, è una dinamica normalissima: un piccolo pezzo della tua community non è disposto a pagare per i tuoi contenuti premium, amen. Quello che non mi aspettavo era la “rivolta” dei marketers (Francesco che è uno bravo mi ha quasi preso a male parole perché lui le i corsi li sa creare e mi ha rimproverato il fatto che i corsi sono un ottimo modo per monetizzare le community, e mi ha pure detto che sono snob, che è verissimo). I sommelier però si sono incazzati poco sotto:
È un vecchio tema quello dell’accountability. Il mio pensiero è che ci sia posto per tutti, per i divulgatori, per i formatori, per gli artigiani e per i maestri. Basta essere consci che non sono la stessa cosa. Per il momento. (Poi si, da Luca La Mesa impari il social media marketing meglio che all’Università, ma forse questi due corsi hanno due scopi diversi).
Siccome io in sto ginepraio di adv e CTR da tirare su di mezzo punto sono stanco di sguazzarci (ieri ho dovuto abbassare di 2 euro l’amaro ungherese su Raró perché uno mi aveva fatto la guerra) sono andato agli internazionali di tennis.
E io la finale mica l’ho vista. Ma ho visto tre tipi di brand darsi battaglia a suon di stand dentro il circo chiuso:
i brand della industry come Babolat e Australian che non possono non esserci
i brand correlati come acqua Valmora e pasta Barilla che si posizionano come “bere e mangiare dello sportivo”
i brand posizionali che hanno i soldi ma tipicamente non sanno dove andare come Rolex e Almaviva che hanno l’opportunità di incontrare una selezionata clientela romana che c’hai voglia a intercettarla col programmatic..
A Cristiano Rolando serviva Marcelo che crossava, per fare gol. Ci siamo illusi di poter avere lo sparapalloni e di vedere solo l’ultima parte dell’azione, e poi ci siamo illusi che con gli scarpini lucidi (dati di prima parte) e lo studio delle traiettorie (analytics) avremmo segnato molto. Ma abbiamo cominciato a vedere i nostri palloni deviati da portieri sempre più forti (aumento del costo per click) e a prendere il palo più spesso (competitor agguerriti), e mo che si fa? Semplicemente si prende coscienza del fatto che la rete non è più un oceano blu. Tre note:
Non tutti comprano on line
Il costo per click di uno stand in stazione a Roma forse comincia a diventare conveniente
Stringere mani, sponsorizzare osservatori, sviluppare partnership è la nuova lead generation
Io ve lo giuro, non mi voglio tirare contro i lead generator e gli advertiser, è un mestiere che continuerà ad esserci e che funziona ancora per gli infobusiness, e chiedo scusa a vossia (link) per non giocare questa partita. Ma ad ogni livello, avere un brand sarà sempre più centrale. E c’è una forte differenza tra avere un brand e dominare un set di relazioni, o lavorare per costruirle.
Siamo abituati ad un approccio antitetico e disintermediante, siccome tu c’hai il brand allora non fare i lead: non è così. I ninja dell’algoritmo servono e serviranno. Ma questo pezzo è semplicemente non più rimandabile.
E io la finale, mica l’ho vista.
Me la tiro
Domani parlo a Triste (Festival Della Comunicazione Non Ostile)
L’estetista Cinica (Veralab) ha scelto Marketing Arena come consulente strategico, fagianitudine a 7000, ascoltatela su Wolf perché la signora sa il fatto suo.
non ho capito se poi, quella finale, l'hai vista
Giorgio, adoro le tue nl, mi ricordano sempre quanto è fantastico fare bene il proprio lavoro.
Sono felicissima per la Cinica, lei è fantastica, voi pure, sarà una partnership sfavillante!