“Secondo voi ma a me cosa mi frega di assumermi la bega di star quassù a cantare
Godo molto di più nell'ubriacarmi oppure a masturbarmi o, al limite, a scopare
Se son d' umore nero allora scrivo frugando dentro alle nostre miserie
Di solito ho da far cose più serie, costruir su macerie o mantenermi vivo” (F.Guccini)
In questa newsletter proverò a stare calmo. Un po’ come il pallettare a tennis, è una cosa che non mi piace. E so che chi mi legge ama due cose del mio scrivere: la parte di marketing, ma anche quella parte un po’ intima in cui racconto gli struggle della (mia) vita. Uno di questi è l’egoismo narrativo: io la newsletter la scrivo per me. Ma un amico, che stimo, mi ha fatto notare che scrivo di fretta, perché le cose che ho da dire corrono più veloci del mio metterle per terra. Quindi calma e rileggere, e riscrivere. Non credo durerà. Non credo durerò.
(Pazzesco: con Substack posso generare l’AI di un calm guy enjoying Rovigo city center senza dover andare su Midjourney). Ecco, ho aperto la prima parentesi. Che vita grama.
La settimana scorsa non ho scritto, per farlo servono due cose: un contenuto e un’intuizione trigger. Volevo scrivere di Gen-Z, voglio farlo da un po’, ma qualcosa non mi convinceva. Avevo il contenuto ma mancava l’intuizione. Insomma non ho avuto un piano editoriale. Stamattina mi sono confrontato coi ragazzi del Master Of Sports, ho aperto con questa campagna:
Pazzesca.
Una domanda mi ha in qualche modo “illuminato”: i brand sono ancora costretti a pubblicare in maniera continuativa?
Il rischio nella risposta è elevato. Mi dice ad esempio il TikToker in aula che la monetizzazione del canale è ampiamente più generosa nel momento in cui il creator sviluppa video più lunghi di un minuto. Le piattaforme bramano contenuti, gli algoritmi vogliono la nostra content creation, ma i brand non sono (ancora) creator. I brand e le agenzie che li seguono lavorano con un pattern abbastanza consolidato (i magnifici 5):
Piano editoriale
Media Plan
Measurement Plan
E-mail marketing Calendar
SEO Audit periodici e interventi di ottimizzazione
Non so se ha senso sprecare una newsletter e il vostro tempo per invertire una matrice, ma la mia scommessa è che si, ha senso. Il piano editoriale (RIP) ha sempre visto in colonna i giorni della settimana o del mese ed in riga i canali
Le mie sensazioni su quanto segue sono alimentate da due fonti: la prima è una rilettura attenta della guida Digital Marketing senza Meta, la seconda è la fresca newsletter di Andrea Girolami “il mondo è in mano ai creator”. Partiamo da due punti fermi, tutti da dimostrare ma fermi. SE è vero che:
La teoria della long tail non funziona per il Content Marketing e l’80% del nostro tempo sarà dedicato al 20% dei contenuti
Il lancio di un brand non passa dai Social
ALLORA il piano editoriale diventa uno strumento limitante. Ma proviamo a girarlo questo PED:
Se viriamo l’attività su campagne dedicate ai singoli obiettivi, da ripped (mandato a morte) il PED diviene (flipped), girato a nuova vita.
Sulla GenZ ha senso tornare, non solo perché la passione Biellese di Tony Effe non è compresa dai più (ad un master più senior la scelta di Loro Piana di attivarlo è stata ampiamente criticata perché impattante sull’allure del brand), quello che mi mette in difficoltà sono due cose:
la profondità di utilizzo delle piattaforme (hanno tre profili, vanno in diretta in due per farsi vedere da uno, senza interagire)
la puntiformità di canali che usano. Più Tik Tok che Instagram, ma molto Youtube, e torna la musica
McKinsey ci sta mettendo la testa, e non solo. Va fatta vera etnografia per fare marketing davvero.
La lettura dei contenuti di cui sopra impone una riflessione, fatta a mio parere di tre indicazioni operative:
Trovate un modo per rendere Youtube più centrale nei vostri progetti
No agli influencer senza campagna. No ai micro-influencer senza una copertura minima (gestiamoli come la TV, come un media con la possibilità di dire la sua nel contenuto)
Abbiate la serenità di non dire nulla. Si ai contenuti per l’adv, si al re-posting dei creator. No al ped di brand senza ne capo ne coda che non fa ridere nessuno. Insomma, o hero content o (quasi) niente
Forse è una sbuffata più che un'intuizione, ma è tempo di ragionare di più su micro-piani di marketing e comunicazione che partano da obiettivi di business e meno sui magnifici 5 che servono spesso a mettere in pace la coscienza di marketing manager e agenzia ma impattano 0 sul risultato operativo.
Scopriremo un giorno che costringersi al PED ha fatto più danni della grandine?
parecchio d'accordo con te.