Piacere, Patrick Guilbaud
“Cambia cielo non animo colui che corre veloce al di la del mare” (Orazio, Epistole, I, 11, 27)
Nessuno o quasi siede ad un ristorante per soddisfare solo i sensi. Servono cose diverse dalla cultura del cibo per apprezzare davvero il caco caramellato che accompagna il cervo che rappresenta il main course della situazione in oggetto. Siamo a Dublino ed io e Francesco abbiamo voglia di premiarci. Attenzione, parliamo (del valore di) 8 gin tonic in un club di Milano o di mezzo weed end a Venezia, non di un Audermars Piguet. Prenotiamo da Patrick Guilbaud. L’eccitazione è elevata già dal giorno prima, sappiamo che probabilmente vivremo una bella esperienza.
Ci sono cose che un marketer può imparare? Siamo davvero di fronte al non plus ultra di customer care e customer experience?
L’attesa dell’esperienza è essa stessa l’esperienza
Come per ogni progetto di marketing che si rispetti, ed anche se “user persona need to die a violent death” esistono target diversi. C’è chi vive una sera come questa per tre volte a settimana. Premesso che non mi piacerebbe, è chiaro che l’attesa dell’esperienza è un’esperienza per chi l’attesa la vive. Da un lato verrebbe da dire che anche realtà come queste potrebbero fare di più con il digitale, ad esempio una wine list pre-condivisa potrebbe permettere upselling per momenti speciali. È vero però che allungare la customer journey con punti di contatto digitali toglie quel piacere del fisico che per un’esperienza concierge è tutto o quasi
Il takeaway di marketing: meno newsletter, più flussi di marketing. Customizzati per ogni persona.
Il numero di camerieri per tavolo è un KPI
L’esclusività è una brutta bestia. Ma il cameriere per tavolo non è altro che il chatbot che state provando a costruire con un LLMM per sostituire l’essere umano immaginando che l’intelligenza possa garantire un’esperienza. Non è così. Ed il numero di camerieri per tavolo è una dimensione di awareness, quando però ne occorre anche una di sentiment, o qualità. Figuratevi se posso essere un cagacazzo su queste cose (spoiler, si) ma il fatto che arrivi a me il piatto del mio compagno di tavolo o che la sommelier non sia in grado di servire il pane è un tema. Non mi interessa dove pago 3 gin tonic, lo noto dove ne pago 8.
Il takeaway di marketing: per alzare i prezzi, bisogna alzare la qualità e la perfezione delle coccole che si fanno ai clienti
Dal menù ti aspetti innovazione, ma anche tradizione
Perché ho portato Francesco da Patrick Guillbaud? Perché ero sicuro di fare bella figura. C’ero stato 2 anni fa con Giulio, sapete cosa avevo mangiato? Raviolo di blue lobster e cervo. Sapete cosa ho mangiato? Raviolo di blue lobster e cervo. Quel tortellino rivisitato mi faceva voglia, e forse anche il filetto, ma sono tornato sulle mie certezze perché forse in questo momento erano queste che andavo cercando.
Il takeaway di marketing: il vostro portafoglio prodotti deve combinare certezze per cui il mercato vi ritiene rilevanti e innovazione che soddisfi la nuova domanda
Indipendentemente da ciò che ti aspetti, brami la coerenza
Spostiamoci in Veneto, La Peca e L’Acquacrua sono due ristoranti diversi. La Peca è estremamente simile al collega irlandese, L’Acquacrua come il Moma sono luoghi di sperimentazione. Sto leggendo il libro della chef e fondatrice di Santo Palato, cosa ti aspetti se vai da lei? L’Amatriciana più buona del mondo.
Il takeaway di marketing: il vostro portafoglio prodotti deve combinare certezze per cui il mercato vi ritiene rilevanti e innovazione che soddisfi la nuova domanda
Le sorprese pianificate (gli entree) e quelle non pianificate (i cioccolatini)
Se vai in un ristorante di questo tipo ti aspetti di cominciare il pasto con uno o più benvenuto dello chef. Quello che ti aspetti meno è “uno scrigno” di cioccolatini dopo il pre-dessert, queste sorprese sono belle.
Il takeaway di marketing: una volta c’era un libro di marketing chiamato “mandategli un calzino solo”, ecco mandateglielo.
Il pane lo fa il panettiere, la pasticceria il pasticcere
Recentemente una cliente mi ha chiesto perché un competitor costa meno. Eh, perché da noi la SEO la fa il SEO e il codice il dev.
Il takeaway di marketing: se volete alzare i prezzi, assumente un pasticcere
L’aragosta è blu, c’è il cervo
C’è sorpresa e sorpresa come parte dell’esperienza, non è solo lo scrigno di cioccolatini. La sorpresa sta anche nella ricerca, nella scarsità, nella particolarità del prodotto.
Il takeaway di marketing: cercate la vostra aragosta blu ed enfatizzatene il racconto al mercato
Il contesto fa il prodotto
Ogni piatto viene raccontato con maestria, ogni abbinamento è parte del piatto stesso
Il takeaway di marketing: cosa può rendere il prodotto ancora più rilevante? Quale corollario può essere parte di prodotto, servizio o esperienza in maniera talmente penetrante da modificarne l’essenza dando vita a un “nuovo prodotto” di maggior valore?
Il vino, mannaggia
Questo contesto permette all’azienda di mettere a leva gli ““ ancillaries ““ ricavando enorme valore. Abbiamo bevuto bene
Il takeaway di marketing: quali strategie e tecniche di upselling e cross selling possono aiutarvi a massimizzare il valore?
Quello che alla fine resta più di tutto è il percorso integrato. Non è vero che funziona tutto, qualche sbavatura c’è stata. Ma anche il primo oboe nell’orchestra può sbagliare. Nel complesso l’esperienza è stata superlativa, forse anche il marketer può imparare qualcosa.
Un po’ come Venezia, belli ma non ci vivrei