Poi il resto viene sempre da sé. I tuoi "aiuto" saranno ancora salvati (Giugno 73)
Questo domenicale avrà tutto quello che una buona newsletter non deve avere: zero penna per chi legge. La scrivo per me, dal telefono, addirittura. E tutto per raccontare questa storia qua
Non è Monaco, non è il calcio. È una città. Che poco prima era questa storia qua
Rovigo Rugby vince il suo suo scudetto numero 15 e a me parte la riflessione etnografica. È sabato, dovevo andare in Spagna, sono finito a Parma. Sapevamo che Viadana sarebbe arrivata con un buon tifo, lo stadio Lanfranchi tutto esaurito. C’erano in massa, meno di noi. Al primo coro “Rovigotto sei uno zingaro” capiamo che qualcosa non va, sembra di stare a San Siro. Ed infatti i tifosi del Milan sono venuti a dar man forte. Non è pronto il Lanfranchi, tribune miste. Lo sanno in pochi ma a Brescia il 26 maggio 1990 i tafferugli si sono più che sfiorati, questi i funerali dell’ultimo Capo Ultrà, Tony. Passato dal rugby alla Juve per quella fame di tifo che non era solo fame di sport
Si è rivista ieri quella fame, e non mi è piaciuto così tanto. Non ti infastidisce un topless in spiaggia, ma forse in chiesa si. È sempre un tema di contesto. E ieri eravamo in chiesa, ed il topless erano i tifosi del calcio, ma ok. Ok.
C’è un coro, fa “alè alè alè Rovigo alè”, lo sanno tutti, è quanto di più vicino alle litanie delle hinchadas argentine, quasi fosse un canto di Taizè. Nada te turbe, per chi ha fatto il grest. Quel coro parte e sale, entra nelle orecchie, i giocatori lo sentono. Gli avversari lo sentono. C’è una città. Ci sono parole, ignoranza e disagio, che nessuno ergerebbe a bandiere, Rovigo si. Che poi a Napoli la sentono questa garra qua, in tanti posti la sentono. Tutti si credono a loro modo unici e speciali. È forse una caratteristica introflessa delle comunità, la loro unicità. Una unicità scalabile. È l’unicità del palio di Siena, della curva del San Lorenzo, della Boca e delle gallinas.
Ci siamo abituati ad aspettare lezioni dalle storie e storie dai contenuti. Ci siamo abituati all’actionable, al takeaway. Non questa volta. Però viene da chiedersi perché ci si senta così parte di un tutto, e quanto questo sia importante. Ha sicuramente a che fare con la rivalsa, perché allo stadio si è tutti uguali. Le sigarette diventano elettroniche, le auto non sono più status, ma perché un 16enne è esattamente sulla stessa linea d’onda di un 80enne? Perché tramandano e conservano lo stesso pezzo di storia? Quel drappo, quella maglia quel coro.
Scusa Marcello. Neanche facessi il personal trainer. Ah, si. La verità è che sei lì per una necessità superiore, sei lì per chi c’è stato, sei lì per custodire una fede. E quando sei lì non hai paura, ti senti sicuro. Non succede con un collega, in parte con una moglie, in parte con gli amici. Ma qui ci si sente sicuri in 5.000. E non lo perdoni il matto, lo ami. Non lo tolleri il “drogato” lo cerchi. Adori gli ultimi perché a questa comunità servono più dei primi. Il peso di non essere storia si sente, il fardello della sfiga. La nebbia, la provincia sottosviluppata. C’è un giorno in cui alzi il dito medio al mondo e ti prendi un pezzo di vita, popolarità e rumore. Perché sai che il 12 schiaccia in meta per tutti, perché sai che la sera una birra la berrai con lui, non ci sono irraggiungibili privè all'holliwood. Ci sono i bar in piazza, e grazie a Dio. E da oggi si rumoreggerà su quello che torna a Padova o sul 10 che arriverà. C’è una religione di comunità, c’è mettere prima che si può la maglia rossoblu sulle spalle di tuo figlio. C’è un amico che a un matrimonio mi dice “ho sposato una padovana ma cosa faccio se mio figlio vuole giocare nel Petrarca?”. Era meglio bestemmiare in faccia al prete, nasce solo per custodire un orgoglio. Sennò che hai figliato a fare?
Tutto questo ai tempi del potere misurabile, della notorietà in vendita è difficile da conservare. Sono maledettamente orgoglioso di questo pezzo di vita che nessuna università o record di fatturato potrà garantire. Non ho idea di come insegnare, preservare e scalare questa identità, ma ho capito che è la cosa più vicina alla verità che possa succedere a una persona. Forse esistere è semplicemente trovare, vivere e difendere un pezzo di identità 🪪
Leggendola tutta d’un fiato, in più punti, ho percepito cosa volesse dire senso d’appartenenza.. brividi.. grazie di aver tradotto emozioni in parole per questa città
Sì ti leggo.