L'Italia in miniatura
Scrivo da Mumbai. Ma di Mumbai vorrei scrivere tra una settimana, quando questa avventura sarà conclusa. Per capire cos’hai capito di questo posto davanti al mare, come cantava Fossati.
Non mi immaginavo una scena culturale molto diversa, ma mi immaginavo più intelligente. Una dose di cliché persino fastidiosa per chi atterra senza la spocchia del bianco che viene a salvare il mondo, ma sotto sotto un po’ ce l’ha. Cioè io. Stasera torniamo da Eve, che per capirci è sta roba qua:
Non esattamente il terzo mondo. C’è una cosa che Giulio aveva notato nel 2019 in uno dei post più riusciti di Pensiero Industriale:
Ed impossibile non uscire da quella bottega con un sorriso a metà tra lo stupefatto e il preoccupato. Stupefatto per la professionalità, la gentilezza e il servizio offertomi. Preoccupato perché dopo aver mangiato un’ottima pizza a Shanghai (fatta da pizzaioli local, altro che UNESCO), ora tocca agli abiti sartoriali made in Hanoi. It’s catching up baby! Direbbero gli esperti di economic development.
Passano 14.000km tra Mumbai e Buenos Aires, e 1.77% di crescita della popolazione dal 2023 al 2024 per la prima città che conta 22 milioni di abitanti. In mezzo c’è l’Italia, l’Italia nera vecchia vivandiera di Pierangelo Bertoli. E per chi arriva qui a spiegare la segmentazione psicografica all'Asia Center della Bocconi non è facile vestirsi da etnografo e scoprire che Mirella che vive qui da 11 anni, quando torna in Italia si sente nel terzo mondo. Attenzione, ci sono dei KPI rivedibili, come i topi per strada e lo spettacolo complesso per la pancia degli slam. Che sono però le villas argentine, e forse anche qualche quartiere del bel paese. Ma Zepto, ad esempio, ti colpisce: 5.000 prodotti a casa tua in 8 minuti.
Probabilmente non sarà un problema nostro, ma se da Buenos Aires torni con la sensazione di aver visto l’Italia fra 10 anni, da Mumbai torni con l’idea dell’Italia 50 anni fa. E la differenza tra la foto (sempre stupenda) di un paese immobile ed il video (agghiacciante) di un paese in decadenza è fatta dall’energia, dalla fiducia, dalla speranza. Siamo una società supponente, viziata, complessa. Ma occhio a piacersi troppo perché altrove potrebbero anche piacere.
Voleva e doveva essere il racconto del customer care di Apple che mi ha cambiato un telefono senza battere ciglio, della mia esperienza con le miglia Skywards di Emirates e dell’app SNKRS di Nike. Il recondito dispiacere verso un paese che bolle, non di speranza ma come la metafora della rana, ha però preso il sopravvento. Me ne scuso col lettore nazional-populista. Si badi, l’Italia resta il miglior posto dove vivere e il peggiore dove lavorare, ma è difficile ogni giorno dover attingere energia da un posto che ne ha poca. A Dublino ce n’è di più, nonostante il metadone. A Mumbai ce n’è di più, ma i cani per strada spaccano il cuore. Fino a che non ti viene sbattuto in faccia l’1% del mondo cui appartieni ti è difficile ricordarti di essere fortunato e viziato. Il forte dubbio è che un 20enne italiano che oggi decidesse di mettere a terra la sua competenza da queste parti, se ne tornerebbe tra 10 anni più ricco per distacco del figlio di papà (eccolo qua, sempre io) che montasse tra casa e furgone una digital agency. Oggi è necessario essere outlier stakanovisti per eccellere sull’asse Bolzano-Palermo, probabilmente in questa parte del mondo basta un po’ di ordine e competenza. Non credo sia così vero che “ti segna” e “ti cambia”, però Mumbai “ti parla”. Negli occhi gentili di chi ti gira lo zucchero nel caffè con una deferenza che imbarazza, ma anche nell’imodium a portata di mano perché certe certezze qui non sono confermate. Come la vita che vale poco a Buenos Aires. Non credo mi mancherà Mumbai, ma ne parliamo fra 7 giorni, ogni tanto però questi Erasmus di umiltà dovrebbero essere d’obbligo come la leva militare.