“Se vivi sul fiume fatti amico il coccodrillo” (Proverbio Indiano, qui altri molto divertenti)
Ore 18.04, lezione 5 appena terminata. Non ho intenzione di raccontare smielosamente ciò che questo posto è o non è. Scrivo da un ufficio piuttosto anonimo in un palazzo moderno. Michele manda foto da Seoul, c’è opulenza nel suo viaggio, modernità. Rispondo che il secondo palazzo più costoso al mondo dopo Buckingam Palace si trova qui, casa Ambani. Come dice un articolo “There are luxury homes, and then there's Antilia”. 600 persone di servizio. L’India ti cambia? Forse no. La sensazione di essere ospiti è chiara. In positivo (sono persone bellissime), ma anche in negativo (capisci che l’India ti si concederà solo dopo anni con lei). Le cose sono come sono.
Questo paese ti mette in riga. Come appreso a Buenos Aires, la vita non ha lo stesso valore in tutti i luoghi del mondo. E la cosa più complessa è togliere le lenti con cui lo leggiamo, il mondo. Da noi TikTok, qui bannato, è “il nuovo social network”, loro hanno app diverse. Ma soprattutto hanno Jaipur. È inutile essere ipocriti, l’India non è il luogo elettivo per il nostro turismo: si, abbiamo tutti l’amico/a freak che sogna Goa per il ritiro di Yoga, ma non è in top 3 tra i desiderata quando si varca la porta dell’agenzia viaggi. L’ho detto ai miei studenti, di Goa intendo, loro ridono. Quando parlo di lenti con cui leggere il mondo parlo del fatto che a loro della water villa alle Maldive non interessa nulla, vogliono andare a Jaipur.
La prima cosa da fare è scrollarsi di dosso quel senso di superiorità che dà per scontata la volontà di tutta l’India di vivere in Italia o UK. La mia sensazione è che a loro sia ben chiaro che una scuola americana o europea è migliore dell’attuale educazione locale (soprattutto di base), ma l’approccio UAE (“vieni e accelera il mio paese a suon di soldi”) qui non passa. È molto più “diamo alla parte facoltosa della popolazione la possibilità di studiare all’americana, loro nel giro di qualche anno tireranno su gli altri”, nel frattempo salviamo quelli che possiamo. Credo possa centrare il fatto che nella loro religione la durata del sistema non è di 40/60/80 anni, ma il giro ricomincia.
Una delle mie studentesse è un’artista, ha il suo brand di felpe dipinte a mano da lei, ha 25 anni ha già chiuso la sua prima startup. Vuole lavorare una tesi sulle subculture street e inserirsi con un nuovo progetto negli eventi alla moda di Mumbai. Questo luogo sta cambiando, e la coesistenza di più situazioni è normale. Andiamo al tempio. C’è un ragazzo teso, lo conosciamo per vie traverse. La sorella non può sposarsi se prima non si sposa lui. E se lui non si fidanza velocemente, la fidanzata gliela trova il padre. Succederà che la famiglia della sposa pagherà un investigatore per andare a casa del futuro sposo e capire se davvero lo stato sociale è quello dichiarato. E allora via libera ad un ricevimento lungo da tre a sei giorni.
Da Peshawri mangiamo il lamb di montone. Buono. Il TukTuk ci porta a non bassa velocità e con folle maestria da un lato all’altro della città, è difficile spendere più di 2 euro. L’India ha diviso le proprie città (principalmente in base al reddito) in 4 Tier. Non c’è alcuna possibilità di vedere Starbucks aprire in una città Tier 4. A Mumbai invece fa anche la Tote Bag brandizzata. Questi Tier sono una sorta di meccanismo guida anche rispetto alle app utilizzate e al contesto di consumo.
Questa volta ho fatto le cose fatte bene, sono arrivato da Londra, con le slide mai pronte ma con le idee chiare. La situazione è stata subito diversa, con Deborah ci sono due Prof. di Machine Learning della Bocconi, Michele e Daniele, è un bel gruppo. Conosco l’hotel, è tutto più rilassato. Ma conosco anche la fatica che si prova solo qui: merita un pensiero. Fuso orario, cibo diverso, studenti spesso rumorosi (se pensate di avere l’ADHD qui ce l’hanno potenziato), inglese, poco sonno per preparare il giorno dopo, aula dal lunedì al sabato. Indubbiamente ben pagato, indubbiamente in una “prigione dorata”. Come il Westin, dove mi concedo una domenica all’europea. È chiarissimo che 12 milioni di abitanti devono pur avere qualche luogo outlier che ricorda casa. Ho prenotato un tavolo al caffè locale, l’obiettivo è intrufolarsi in piscina. Ingegneria sociale. Ho imparato questo termine su un vecchio libro di Kevin Mitnick, sono abbastanza certo fosse il periodo delle medie (dannata festa delle medie). Non ne vado fiero, ma avevo bisogno di un po’ meno di verità sbattuta in faccia per qualche ora.
Credo esistano due tipi di persone nel mondo. Quelle che si fanno certe domande, e quelle che non vivono questi “inferni”. È in realtà comodo appartenere o credersi appartenenti al primo gruppo perché indubbiamente “dannato fa figo”. La cosa più interessante che viviamo a casa nostra è la democratizzazione di attività o elementi di vita che qui scontati non sono:
l’aria pulita
un campo di pallone
il marciapiede
le strisce pedonali
il cibo disponibile.
E poi da noi non c’è così tanta povertà. Qui la povertà si chiama malnutrizione e insicurezza alimentare, non è morire di fame in senso stretto. Ho impresse in faccia due immagini di oggi: la prima è il sorriso delle 16 del signore che ci procura i pasti mentre insegnamo, con imbarazzo accolgo la tazzina di caffè in cui lui ha girato con soddisfazione il cucchiaino per zuccherarlo. La seconda è la rassegnazione non triste di un cane che dorme per la strada. Sarò duro, mi chiedo se abbiamo il diritto di lamentarci. Probabilmente si perché il lamento è figlio di una società che ce lo consente. Abbiamo voluto liberare ogni briglia in nome della libertà assoluta. Ucciso Dio, uccisa la famiglia, ucciso il rigore. Siamo liberi, e adesso? Nessuna briglia significa nessun appiglio, per molti (in questo momento della vita fortunatamente non per me) questo significa insoddisfazione, infelicità. Il lavoro che non va, la vita che non va, l’amico che corre la maratona più forte, il parente che ha il giardino più grande. Ho sul tavolo “il gioco infinito” di Simon Sinek, riponevo pochissime speranze su questo libro. Sinek dice una cosa: ti serve una giusta causa. Per contribuire, per lasciare il mondo un po’ migliore di come l’hai trovato. Anche al lavoro. La giusta causa è abilitata dalle comunità (cos’è il lavoro se non una comunità di pratica?), ecco: ci hanno tolto le comunità. Lo era la chiesa, lo è il lavoro, lo erano gli amici. Se la comunità tornerà una priorità, tornerà la felicità. My2cents. Forse al signore che mi gira il caffè hanno dato un orizzonte temporale diverso, gli hanno detto che sarà un po’ dura ma la prossima vita potrà essere lui quel professore con la camicia che anche a Mumbai cerca i ristoranti buoni o trova il Cloudy Bay (che in Italia non si trova). Magari è vero. Pausa, domani vado a vedere il leopardo.
Ovviamente non ho visto il leopardo. Vado al Sanjay Gandhi National Park, mi infastidisco subito nel capire che “è arrivato un amico” che mi farà da guida per una cifra molto più europea che indiana. Poco male, speriamo gli servano per cose buone. Sono più arrabbiato per la deviazione verso le cave che esclude lo zoo, il motivo è che le tigri sono poche e in gabbia, decido di credergli puntando tutto su scimmie e cervi. La cosa di gran lunga più wild si rivelerà la fattoria in pieno centro.
La gita è divertente, scopro però che il parco nazionale non è esattamente quanto ci si attenderebbe. Siamo di fronte a una specie di Hide Park con le scimmie ed una quantità enorme di rifiuti. Le cave qui sono buddiste, ad Elephanta Island indù. Il mio ruolo è quello di etnografo, voglio capire la struttura della loro felicità (l’idea è già venuta a qualcuno su YouTube). Cominciamo da un sospetto: qui nulla è reale, qui le cose non sono come sono. Meglio una casa piccola a Bandra che grande a Powai (quartieri di Mumbai). La vecchia professoressa locale non trattiene lo schifo nel vedermi arrivare a scuola in TukTuk, il mezzo di trasporto di chissà quale strato sociale inferiore. E chi se ne frega (cantava Masini sulle note di nothing else matter in una brutta cover). Il driver si dice felice, vive in una sort di slum all’interno del parco, suo figlio studia da agente di polizia. Su una cosa gli credo: non ha “tension” perché ha un tetto e può dormire. La natura in questo spazio parla chiaro, durante la stagione dei monsoni (Pablo Trincia ha spiegato bene perché Mumbai andrà sotto acqua) la terra drena e gestisce la pioggia. Il cemento no. Come si dice: nessun terremoto ha mai ucciso una persona, gli edifici durante il terremoto si. È stranito all’idea che la polizia non arresti un europeo che convive e fa figli senza il matrimonio, il consenso della famiglia della sposa come si ottiene? A partire dai cani, passando per gli umani, ho rivalutato la noia. Qui tutti sanno annoiarsi, un lavoro non è garantito quindi molte ore sono passate ad aspettare che la vita avanzi. Non c’è arretratezza, la finale di cricket in programma per oggi è il pensiero fisso di tutti, il telefono un ottimo compagno di viaggio. Una giusta causa dunque, e la convinzione che anche se il day-by-day porta problemi lavorativi per alcuni, personali per altri, c’è sempre qualcuno che se la passa peggio, quindi è comunque più sensato cercare il bello in ciò che ci ha che il brutto in quello che va male. È una questione di filosofia che paradossalmente è indipendente dal denaro che vuoi guadagnare o l’obiettivo di carriera che intendi perseguire. Ha solo a che fare col migliorare anziché confrontarsi e vedere la vita col filtro sorriso e non col filtro merda del tutto andrà male. Vallo tu a spiegare a loro che sei teso perché il cliente vuole il logo più grosso.
Ma chi se ne frega, si fottessero lui e photoshop. Credetemi, non abbiamo nessun bisogno che Mumbai ci ricordi come vanno le cose. La lezione da queste parti è un’altra. Il 99%, forse 99,9% della nostra vita è determinato dalla posizione geografica della pancia che ci ospita, da qui cominciano le nostra fortune o sfortune. La casta, gli slum, il fatto che avremo o no cibo in tavola.
Quello che ho capito qui è di non voler sprecare il mio tempo a scrivere su Linkedin “dimmi cosa ne pensi nei commenti”, perché non me ne frega niente dei commenti e soprattutto perché la brutalizzazione di luoghi come la giungla a suon di grattacieli costruiti ogni giorno mi fa capire che io devo con urgenza dare un occhio a Africa e Costa Rica prima che un Milionario locale decida di edificare un multipiano sulla casa del bradipo. Siamo chi più chi meno gitani, esploratori e faccendieri, spesso burattini alla mercé di un padrone, sia esso un’università, un’impresa o anche solo un ideale. Sono sempre più convinto che le persone libere non abbiano Instagram. Ogni volta che sei costretto a ricordare a me quanto sei libero tu, è perché in realtà non sei schiavo di un padrone ma di una somma di reazioni al tuo contenuto. Che è ancora peggio perché almeno se hai un capo sai chi è, è puoi dargli un pugno. Sono tornato neanche malvolentieri a Mumbai, certo Tokyo vibrava diversa, Mumbai ti lascia un souvenir non scontato con due caratteristiche ben chiare: la verità qui è gratis, ma a nessuno è consentito ignorarla.
Bella condivisione. Le mie esperienze in India mi hanno insegnato che ogni volta che ho pensato di aver capito, non avevo capito niente. Perché l'India è un continente con moltissime dimensioni diverse. E in particolare Mumbai (la mia prima esperienza) non è l'India, ma solo una piccola parte (meno dell'1%).
Sempre belli i racconti di Giorgio al rientro da Mumbai! Ricordo di aver letto lo scorso anno il post seduto in treno mentre mi recavo in SDA ed è stato un tuffo nella mia esperienza indiana… mi ritrovo nelle tue parole ed emozioni. Il tema delle comunità è molto ben argomentato nel testo di Raghuram Rajan “Third Pillar”. Anche nel nostro veneto povero prima del boom economico la comunità prevalentemente contadina era un ancoraggio nella vita quotidiana. Forse dovremo lavorare per ricostruire questi tessuti che salvaguardavano i nostri figli e li tenevano lontani dai pericoli.