La wunderkammer della felicità
“Ma torniamo a quando era sostanziosa, brillante, viva. La vita, intendo, quando non sapevi mai cosa poteva succedere“
(Michelle Tea)
Ieri ho incontrato un amico. Avevo con me un foglio di carta su cui ho disegnato una “copertina” dal titolo “La responsabilità di essere felici e fare progetti belli”. È un po’ sempre la stessa storia ma a mio parere si lega molto col lavoro che facciamo e con le semplificazioni del tutto errate che attengono al Work Life Balance. C’è un passaggio nell’ultima newsletter di Rishad Tobaccowala che gira veloce, più di quanto dovrebbe:
We will work in smaller and delayered companies with many of us operating as “Companies of One”: a) AI software, b) Platforms that enable access to marketplaces and talent ( Shopify, Fiver) , c) a need for shapeshifting agility as categories re-invent themselves ( Finance, Auto, Healthcare, Education at a minimum which account for half of US GDP), d) a demand for flexible cost structures in a high velocity world, e) a work-force where free-lance workers are greater than full-time workers (2025 in the US) and f) scar-tissue of over hiring (see tech and media companies today) will significantly reduce the size of most companies, eliminate multiple layers and focus on experts and deliverables versus generalists and process.
Due concetti:
Companies of one
Focus on expert and deliverables
I trend sono super chiari. Saper fare le cose e farle succedere sono i due elementi chiave del presente e futuro del business. Essere una company of one significa trovare il proprio spazio nel mondo. Ieri mi stavo sciroppando questo:
Mi ha colpito l’idea della necessità di “formats” come la somma di “hr micro-strategies” su aggregazioni di persone: lavorare 4gg a settimana o 6gg ma solo fino alle 13? Dipende, troviamo dei format. E grazie ai format troviamo un posto nel mondo alle aziende, e alle persone.
C’è disordine.
A Trieste ha aperto un museo nuovo, si chiama ITS Academy. Un archivio importante del sistema moda mondiale, cose così:
Queste sono le scape che Helen Kirkum costruisce partendo dai modelli del passato con un’ottica di forte sostenibilità. La chiamano tutti i grandi brand, diventa famosa, proprio grazie alla sua partecipazione ad ITS Academy (che è anche scuola, laboratorio, premio). E io rimango ben colpito dal concetto di creatività come mezzo per navigare il disordine. E rimango colpito dalle Wunderkammer, camere usate un tempo dai collezionisti per colpire i propri ospiti, impressionarli. Quanto ne avrebbero bisogno i brand di una Wunderkammer? E Pas Normal studio ce l’ha:
Ce l’ha perché spara alla sua community una bella collabo con Salomon, ce l’ha perché non si fa ossessionare dalla CRO, o se lo fa lo fa bene. Ce l’ha perché ha cura del brand. Dobbiamo diventare felici designer di marketing wunderkammer, luoghi dove generare epifanie per i nostri utenti, ma anche progetti che alimentino il nostro divertirci mentre facciamo il nostro lavoro. È chiarissimo che chi non si diverte più non potrà far divertire il proprio pubblico, ed oggi l’entertainment è un pezzo del branding, soprattutto di domani.
Compiti per casa: disegnare la wunderkammer del tuo brand, e già che ci sei ricordati di essere felice
Modelli di Linguaggio
Sono il tema del momento, Alessio li spiega bene. Google li abbraccia, anche Zalando, anche Salesforce. Etc..
Un’ora con me e Diegoli
Anche quest'anno, in collaborazione con Gianluca Diegoli, Marketing Arena organizza uno speed date per responsabili marketing per fare uno stress test gratuito al digital & marketing plan. Ci si iscrive da qui.