La Pasqua degli altri
“Qui, sulla collina, dormo malvolentieri
Eppure c'è luce, ormai, nei miei pensieri
Qui nella penombra ora invento parole
Ma rimpiango una luce, la luce del sole”
(F. De Andrè)
Ieri sera stavo bevendo il secondo Americano, in una buffa città chiamata Rovigo dove la birra costa 7 euro e l’americano 6. Ero con due amici, quelli di una vita, quando è arrivato un ambulante, vendeva accendini e cinture, forse braccialetti. Il cliché è ormai consolidato, sanno il dialetto, sono divertenti. Sanno di comunicazione più della metà dei marketing manager che conosco, ma prima di tutto sono persone.
In quel teatro dell’assurdo sapevamo tutti che il copione prevedeva il primo “no grazie”, un po’ di contrattazione, a volte un euro dato per sbaglio, altre no. Come quelli delle rose, come quelli che in ginocchio chiedono la carità. Non sono mai stato di sinistra, per la verità neanche di destra. Non voto. Ma una volta mi ha colpito una frase di D’Alema, sicuramente a La7. Spiegava candidamente (si, dall’altro della sua barca a vela, ok) che chiunque stia provando a venderti una cintura o una rosa o stia in ginocchio mendicando qualche moneta, di base sta peggio di te. E di me. E di base non vorrebbe essere li. Non abbiamo il titolo per giudicare i percorsi degli altri, sicuramente non sarà un video Tik Tok a dirti che puoi farcela a metterti addosso la toga. Però quelle persone stanno peggio di noi. E cazzo a me la cintura serviva.
È forse lo shame sociale, anche in chi forse ha le spalle larghe per fottersene, che non me l’ha fatta comprare. Cosa siamo diventati?
È bastato un passaggio in stazione a Rovigo, stamattina, per vedere i matti. Io i matti li amo, perché credo abbiano molta più dignità, intelligenza e stile dei savi. E forse sono gli ultimi cui è stato riservato il dono di non essere modificati da un ambiente che non ha più nulla da ammirare. In cui la religione anche se non ci credevi ti teneva dritto, in cui tutti scappiamo dalla vita, ed anche quando non scappiamo non ci stiamo comodi, perché la vita ci chiama a scappare di nuovo.
Però c’è una cosa che possiamo fare: ricordarci di avere un pubblico. Molti di noi hanno un’influenza. È squallido, perché non ci meritiamo di averla, siamo scarsi tra gli speranzosi, che paradossalmente ammirano i nostri risultati, senza capire che non è stata la competenza e forse nemmeno la consistenza. È stato solo il momento giusto. Ed avere un pubblico è un privilegio, così come lo è leggere una mail il giorno di Pasqua perché come diceva uno vero “libertà non è stare sopra un albero”. Se vuoi lavorare il giorno di Pasqua lavora, ti riposerai domani. Libertà è fare.
Quell’influenza, poca, malconcia, io voglio usarla per un pensiero da condividere: che sia la Pasqua degli altri. Quella cintura la prossima volta la comprerò. Quel messaggio che non volevate mandare mandatelo, quel sorriso non sprecatelo. Ci ho messo 39 anni e mezzo a capire che “la vita è dura” è sostanzialmente una cazzata. Per il solo fatto di avere accesso a queste righe la vita non può essere dura, è dura la vita di chi stamattina è in stazione. È dura la vita della signora che ha avuto due volte un mancamento davanti al mio amico che fa il direttore dell’IN’s e quando lui gli ha chiesto chi poteva chiamare lei ha detto che non ha nessuno. Non è dura la vita di chi può bere due americani, magari neanche di chi la cintura la vende con regolare permesso. È dura la vita dei matti, dei soli, del maledetto 99,5% del mondo meno fortunato di noi.
Pasqua degli altri per me significa re-immaginare il proprio tempo sulla parola servizio e non sull’estrazione. Non credo cambieremo il mondo, perché il mondo non vuole essere cambiato, lo dicono i sociologi che pandemie e guerre servono alla terra ad aggiustare le cose quando qualcuno sta sbagliando troppo. E non credo neanche nelle somme a servizio degli effetti, ma credo che un sorriso una carezza o una mano possano cambiare una giornata, e una giornata cambiata è una Pasqua degli altri.
Maledetta cintura.
(il bottone iscriviti lo metto perché non sono capace di togliere quello che substack mette in automatico chiedendovi dei soldi per me anche se non li voglio)