Il water che non puoi comprare
Devo comprare un water. L’immobile in oggetto è una piccola casa al mare e l’idea del sottoscritto è quella di ammodernare un bagno che “può dare di più”. Chiunque abbia anche solo immaginato le ristrutturazioni sa che dietro ogni progetto può nascondersi la porta dell’inferno. Per questo motivo la mia ambizione per questo water e i suoi derivati è quella di un chiavi in mano.
Da Rovigo muovo verso il basso Polesine, che è terra operaia per vocazione, un luogo dove un water non spaventa nessuno. Mi piace l’idea di dialogare con un idraulico “evoluto”, Il punto vendita in questione è un “idraulico con mostra”, cosa che per me equivale all’idea per altri: un parco giochi.
Facciamo un passo indietro: prima di avere accesso alla reggia del novello super Mario l’ho dovuto ospitare in casa per un sopralluogo. Pensavo fosse una tecnica di marketing il suo “ti faccio il preventivo ma non so se ti faccio il lavoro”. Ci torneremo.
Il mastro idraulico mi affida a Irene, 28 anni. Irene non ha fatto l’università ma “mangia la pappa in testa” a moltissimi dei miei studenti. Domina il software di progettazione, sa vendere, dialoga col mastro idraulico imprenditore. L’elevarsi a mostra mercato è piccola progettazione rende l’idraulico il project leader più papabile nell’affaire bagno. Un po’ perché è il primo che chiami, un po’ perché dopo aver fatto una casa capisci che in questo settore comanda chi installa, non chi progetta.
Io e Irene troviamo la quadra in pochi minuti, pongo solo una condizione: il piastrellista lo gestite voi. L’idraulico non vuole, Irene lavora per convincerlo. I tempi sono stretti, bisogna agire.
L’idea di un one stop shop per il bagno, che di fatto disintermedia l’architetto, mi attira: l’idraulico recupera margine sul prodotto e forse anche sul servizio, e si fa pivot, hub, di 3 o 4 professionisti.
Poi la telefonata: niente da fare si va a settembre. Intervenire è troppo rischioso. Provo ormai affetto per il mio consulente idraulico, non batto ciglio è come ipnotizzato dalla sua onestà rinuncio al sogno di un water nero pronto il 20 maggio. E lui rinuncia a un lavoro.
C’è tanto marketing in questa storia: prima di tutto c’è il brand, Rovigo è grande ma io ho fatto strada perché lui lavora bene. È un brand fatto tutto di passaparola e casi di studio, il branding migliore. C’è anche in questo la pigrizia dell’architetto che si fa e scappare un lavoro rendendosi irrilevante. Se vendi consulenza devi farti sentire, se vendi water qualcuno ti cercherà. C’è il ruolo del project leader: far succedere le cose è sempre più importante.
Che problema risolve quell’idraulico? Il bagno nuovo, chiavi in mano.
In questa storia la lezione più importante sta nella serena fermezza del “no” ricevuto; Irene e il suo capo non andranno al salone del mobile, non c’è relazione o narrazione nel loro mercoledì. Il loro cliente di domani arriverà se manterranno le promesse, se non saranno golosi. È palese che in altri tempi senza l’abbuffata del 110% la situazione sarebbe diversa. Ma intanto il water io lo vedo a settembre e sono comunque ammirato dalla gestione del processo.
Ieri ho parlato al corso di Value Creation e Entrepreneurship di Ca’ Foscari ed una ragazza mi ha chiesto “perché resti a Rovigo?”. La risposta è che trovo interessanti queste dinamiche, che penso che a Meda o in via Condotti si assista solo ad una diversa interpretazione di un copione simile.
Tre domande per il vostro business, ispirate dal l’idraulico:
Dite abbastanza no col cuor leggero di chi sa che quello è un no sano che farà crescere?
Chi è per voi il piastrellista da mangiare e da cui non essere mangiato?
Quale parte della filiera potete integrare per rimanere rilevanti?
Una nota per chiudere: avete notato che non si è mai parlato di prezzi? Un motivo ci sarà
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