Quando nel 2005 ho aperto il markettaro.blogspot.com non immaginavo che avrei cenato con Alberto dentro la torre Eiffel ospiti di Deloitte o che avremmo pubblicato Prosecco.it. E ancora gestito i social di Sabrina Salerno o scritto il copy di uno spot televisivo a Sanremo 2024. Passando per Allianz, L’Oreal, Calzedonia e forse centinaia di altri clienti.
Non è elegante forse presentarsi al tavolo delle agenzie da 3 milioni di fatturato (che poi avere il fatturato grosso è come essere ricchi a Monopoli) con le mani da lavoratori più che da croupier, ma in questo giro di boa un grazie è necessario. Matteo è stato il primo dipendente di Marketing Arena, e poi Rossana e tutti gli altri. Abbiamo telefonato a freddo a un’azienda per chiedere se voleva un sito. Ci ha detto di sì. Te lo ricordi Luca quel portale per ristoratori? Un’idea che non ha funzionato, ma ancora oggi Rivamar è il nostro orgoglio: “noi abbiamo come cliente il più grande importatore di stoccafisso al mondo”. Sotto sole, sotto sale.
I momenti difficili ci sono stati, addii complicati, grida. Quanto ho odiato chi mi ha gridato addosso. Tante ore, tante notti. Il commerciale che ti dice “lo rifai nella tua cameretta”, ma quei soldi servivano. Oggi forse potremmo assumerlo. Poi blogolandia con Rudy e Massimo. Voglio dire grazie a chiunque sia passato di qui, siamo cresciuti assieme. Anche ai pochissimi che sono stati poco onesti con noi, sono ancora seduto sul fiume ma ormai ne mancano solo 3 (essere scorpione ascendente scorpione non aiuta). Mi rendo conto di aver sputato tossine, troppe, su chi ha condiviso con me un pezzo di strada e di vita, mamma e papà su tutti. Ma l’ho sempre fatto guidato da fari nobili: cultura e qualità. Devo tutto alle stazioni di posta lungo il cammino, al tuttora incomprensibile libro di economia della conoscenza, all’incoscienza di dire si in fiducia, alla fiducia nelle persone. Tanti mi hanno insegnato che i dettagli fanno il prodotto, che con la qualità non si scende a patti, che le scorciatoie tornano sempre. Ricordo poche cose, perché tendo a riempire il cervello di futuro. Ma ricordo nitidamente l’epifania quando seduto alla mia scrivania ho detto “questo luogo deve essere un’arena di discussione sul marketing, si chiamerà Marketing Arena!”. Ricordo il 24/30 in internet marketing all’università, oggi ne tengo un corso, di internet marketing all’università. Ricordo di essermi chiesto perché i designer si fanno così tante pippe mentali ma anche di aver rispettato da subito la cultura del progetto, e ricordo di aver visto nella tecnologia l’atto della creazione. Quando con Giacomo creammo in dieci notti un motore di hashtag per poi scoprire che il competitor americano tagboard aveva 100 dipendenti e lo stesso risultato.
Ho sempre incontrato sul mio cammino persone in grado di farmi crescere. Stefano, Vladi, Tomas, Alessandro e Fabrizio, Paolo e tanti altri. Ho guardato con ammirazione i prodotti culturali di altri, i grandi brand, ma non ho mai scaricato un bilancio perché non ho mai visto fare i soldi con i soldi se fai prodotto. I soldi si fanno coi progetti. E un giorno con Ale abbiamo detto “boh, sto social non basta" mettiamoci a fare pay per click”, contenti con Tinti (Francesco), abbiamo comprato un corso e siamo partiti. Ricordo la follia di andare a prendersi il talento di Luca in un bar di Mogliano, poco dopo che un altro Luca era partito per altri lidi, avendoci fatto fare un pezzo di strada enorme. Olga, Giulia, Tommaso, tutti a completare un governo di competenza e non organizzativo, Mattia a mettere ordine. Ma tutto questo non sarebbe nulla senza chi ogni giorno scrive copy, disegna campagne, ottimizza siti, li fa. Lisa, Marta, Ciro, Elisa, Anna, Elia, Roberta, Claudia, Giulia, Valentina, Carlo, Emanuele e tutti, c’è chi dice 55. Ho sofferto ogni addio come un tradimento nei Soprano’s, l’ho sentito un momento personale, un attacco a me. È un mio difetto enorme.
Era forse fine 2021 quando abbiamo fatto le prime battute con Laura, di cui siamo soci. Laura ma quando si cambia logo in agenzia? Giorgio, l’identità di marca (ihih) può essere rinnovata ogni 10 anni ma in generale quando te la senti. E allora via, con la presentazione al B2B Day e una gestazione da mammuth. Perché? Perché dovevamo lavorare. La direzione maledettamente ostinata e contraria di scegliere:
l’orizzontalità e integrazione quando era più facile essere verticali
il B2B quando tutti andavano verso il B2C
l’indipendenza mentre molti si aggregavano
ci ha portato a fare sempre col nostro. Nessun prestito in banca e le casse piene quando in pieno COVID si è deciso che i giorni di cassa integrazione dovevano essere 0. E non l’abbiamo mai detto a nessuno che eravamo pronti a vendere farina su Raró (un nostro progetto in cui perdiamo soldi) quando un manager delle Big4 è arrivato a Rovigo per capire se potevano comprarci, e si è seduto in mezzo alla farina in sala riunioni. Abbiamo portato l’Estetista Cinica in trattoria da Rossi ad Arquà, disegnato un parallasse bellissimo sulla preparazione del pesce e pubblicato 2 blog aziendali sull’ittica. A Padova gli studenti hanno fatto un flash mob vestiti da toro, ah l’upper funnel. Ho cenato con Kotler e parlato davanti a 1000 persone. È stato un viaggio che è entrato dentro le vite di molti di noi, a torto o a ragione. E Rovigo non l’ha capito mai. Ma va bene così perché Rovigo non è una scusa. Abbiamo fatto Pillole di Futuro, eventi d’avanguardia per il tempo, ci siamo quasi fatti denunciare quando volevo legarmi a performance con l’azienda dei miei e vendere shampoo su Amazon, ma non avevo verificato che uno shampoo con quel nome esisteva già. Siamo atterrati a New Orleans con Quintegia, amici di sempre.
Oggi Marketing Arena diventa grande, con la leggerezza di sempre ma anche con la consapevolezza che si gioca una partita diversa. Di gestione, di prodotto, di pensiero. Uso per una volta un mezzo di condivisione per darci una pacca sulla spalla ma anche per ricordarmi per primo che privilegio e responsabilità di guidare questo progetto devono fare il paio con lo studio matto e disperatissimo e con l’ossessione per far bene. La sfida più grande forse è stata quella di scendere la pista nera senza inforcare i paletti della tentazione: “qui mettici meno tempo”, “fatti comprare”, “vedrai che non se ne accorge nessuno”. Non è facile ogni giorno dire “sono furioso” o “è bello ma qui è migliorabile”. La condanna di non essere mai contenti è una sciagura. Ma è così che si tirano su le cose, e soprattutto time is better than timing. Costruire, cementare, costruire ancora. È così che non si passa di moda. Aspettando, stando li, consistenza.
Delle volte mi chiedo quale fosse il mio sogno di bambino: fare il pompiere. È un discreto rimpianto. Ricordo che avrei voluto viaggiare ed essere libero dal giogo di un orario fisso. Vengo da Buenos Aires ed ho in tasca un biglietto per Dublino ed uno per l’India, committenti Trinity College e Università Bocconi. Devo un grazie a Giulio perché irrompe nelle mie zone di comfort e toglie le poltrone da sotto il culo, vieni a fare una cosa difficile, insegna in inglese, studia una materia nuova. Poi rischiamo di morire a Lanus, ma va bene.
Nulla sarebbe possibile senza chi ti vuole bene, a volte con imbarazzo mi sembra di essere un cantante che ha bisogno di un entourage di persone pronte a sostenere dietro le quinte notte insonni, mezze sfuriate, libri ovunque. Senza tutto questo non ci sarebbe la lucidità per fare una cosa così difficile. Semplicemente grazie. Bau ❤️
Io li ammiro quelli che di milioni ne gestiscono 3000, fanno la maratona, hanno 8 figli e scrivono i libri sul well-something, ma come sempre quella è roba per Instagram. Ma come disse Luca una volta, a chi gli disse che era in ritardo per un farfugliato motivo: PARTI PRIMA.
Check your ego at the door, era scritto fuori dalla sala di registrazione di We Are The World, è questo il mantra. Calma e gesso, muso duro e baréta fracà. Perché conta il viaggio più di dove vai.
Se sei arrivato fin qui sei matto. Una piccola parentesi professionale, giusto per. Nuovo offering, nuova identità (ne ha parlato Engage, si basta pagare) significa per noi una nuova promessa di marca. Ne abbiamo parlato a lungo perché ci sembrava sempre di vendere il trapano e mai il buco. We Deliver Growth. Ti aiutiamo a crescere, ci ripaghiamo. C’è tanto lavoro da fare, dobbiamo diventare ancora più bravi con la tecnologia e fare pace con la industry con cui non parliamo mai (laici rispetto alle piattaforme, è un bel problema) e con il B2C e Retail, essere quelli del B2B è difficile. È un mondo che conosciamo e ci sentiamo pronti per inserire nella matrice di mercato una seconda gamba, il “Commerce” in senso lato. Abbiamo esplorato i nuovi social, il media, la tecnologia complessa. Non so dove saremo in grado di portare Marketing Arena ma so una cosa: Vogliamo fare cose fighe con gente figa. :-)
Una storia da sogno e un post scritto così bene che mi ha fatto realizzare che era un sacco che non ne leggevo di così incantevoli.
Che lettura 🩵