I tonni, i giapponesi e i macellai: che rumore fa la creatività?
“We need art to heal from our past traumas so that we won’t create future prejudices. Art is a coping mechanism, as weel as healing practice that pushes us forward by challenging our mentality and reality” (Hayal Gezer)
Giovedì sono stato in Moleskine Foundation a trovare Daniele, il “reggente” della baracca. (foto del bar da cui scrivo, per un giorno volevo sentirmi milanese davvero).
Sono arrivato con Krang, me ne sono andato con Folios. È stato tutto un reciproco annusarsi la carta: “ma tu dove stampi?”. La Fondazione Moleskine riceve l’1% dell’EBITDA di Moleskine e finanzia un sacco di progetti interessanti, di base finanzia storie. In questa realtà ho trovato impresa, l’impresa di moltiplicare il finanziamento di Mamma M con altri momenti di fundraising, facendo progetti.
E proprio mentre l’AI sfonda il muro del deep fake porn e Giorgio Tave ne scrive in maniera che più completa non si può, io mi sono spostato in un hotel uguale agli altri, con le scritte molto bold, tutto molto underground, ma subito mainstream da quanto è underground. E la mattina ho chiamato un hotel e mi ha detto che non avrebbe preso una prenotazione al telefono, ma che avrei potuto visitare il sito. Stavo guidando. Ed io ripenso alle journey, e poi penso che di base fa tutto abbastanza schifo in questa platform economy, perché l’unica cosa che c’è davvero di simile a una piattaforma è che è tutto maledettamente flat (piatto). E come si fa a ripensare un processo creativo differente, ad esempio per il maledetto e sepolto piano editoriale?
The Rebooting analizza il caso di una newsletter a pagamento, si chiama The Dispatch. Su 230.000 nel database, 40.000 paganti (e se ne è già andato da Substack), come si fa secondo l’autore?
Finding an underserved community to put yourself at the center of;
Pursuing a hybrid model that mixes an institutional brand with personal brands; and
Building a business model that’s aligned with editorial mission.
Proviamo l’esercizio di girare la frittata al servizio di un brand. Una “unserved community” è di base un oceano blu di comunicazione. Probabilmente per brand non del tutto verticali si tratta di trovarne più di una, se vendo materiale elettrico di design parlerò all’architetto milanese (ne esistono anche in altre città?), al self-made ristrutturatore e all’instagrammer appassionato di design. Le persone sono sempre più guidate dalle occasioni e non dalle categorie.
Il personal branding è un tema spinoso, ma io la leggo così: mettiamoci la faccia degli altri. Creators, influencer e roba così. Tipo Michele Molteni che costruisce un bunker e Satispay che a forza di far bene below the line si trova incredibilmente above.
E serve un doppio carpiato anche per la creazione di un business model allineato alla mission editoriale. Forse è la seconda che va allineata al primo, ma l’idea di avere una mission editoriale mi sembra una cosa bellissima. Perché sei qui? Cosa vuoi da me?
È difficile tenere assieme i punti di questo scritto, immagino leggerli. Abbiamo detto della necessità di un processo creativo, di una mission editoriale e conseguente tono di voce e di nicchie a cui parlare, ed i canali? Francesco Agostinis ci ricorda con i numeri di Meta che Meta non è morto:
E poi ci ricorda che Meta fa pure i soldi:
Però Marketing Dive dice che:
Meta saw its third straight quarter of revenue decline, with the average price per ad falling 22% and impressions up 23% year over year.
La fotografia potrebbe essere quella del limone spremuto o del gigante in ripresa. Che poi noi spostiamo i clienti su Tik Tok ma a) non c’è pubblico abbastanza per il budget che il cliente ha e b) ti viene pure il dubbio che sia sostanzialmente la stessa M ma in una fase diversa della enshittification (articolo di una potenza assoluta):
Here is how platforms die: first, they are good to their users; then they abuse their users to make things better for their business customers; finally, they abuse those business customers to claw back all the value for themselves. Then, they die.
Cos’è Tik Tok? Una TV, ma non solo. Secondo alcuni è un motore di ricerca, ah la ricerca, un business da 40bn solo nel Q3. E Google è incazzato nero perché gli mangiano la minestra in casa.
Un domani, le aziende desiderose di fare business in fretta useranno proprio questi metodi: basterà usare i parametri di riferimento e in pochi minuti – bam, bam! – sarà pronta una collezione intera. Per noi progettisti il vero strumento di sopravvivenza sarà essenzialmente uno: cultura, cultura, cultura». (Patrick Norguet)
Che bello moodboard di febbraio.
Louhi chair, ideation Kaveh Najafian, execution Midjourney —> LOL
The endgame for AI generated writing.
Ieri ero un po’ smonato, in italiano rattristato. Avrei voluto spedire la mia newsletter di venerdì e mi ero fissato su una storia che avrei voluto raccontare, ma la storia (che è una persona) mia ha paccato. Poi però sono andato a trovare il mio amico Luca di Rivamar:
E sono tornato con una storia bellissima. E felicissimo.
Luca mi ha parlato del Tonno Superfrozen, un prodotto molto pazzesco che la sua azienda commercializza. E mi ha raccontato che un tempo dal Giappone arriva una telefonata alla cooperativa dei pescatori di Goro, risponde il papà di Luca. Gli dicono che “i tonni stanno arrivano in alto adriatico”, wow! E il papà di Luca va a pescarli i tonni, non prima che i giapponesi gli portino gli ami giusti, dal Giappone! E chi li taglia a Goro i tonni, una volta pescati? I Macellai!
Ma che figata! I tonni, i giapponesi e macellai. Delle volte penso che alla fine non lavoriamo davvero, siamo pagati per scovare storie, enfatizzarle e portarle a un mercato. A volte siamo pagati benissimo per spiegare alle persone come si fa. Forse non diventeremo mai ricchi, ma essere ricchi delle storie degli altri è una grande ricchezza. Ieri mi sono addormentato alle 22.02 davanti a Distant Islands su Prime, paccando (a mia volta) la birra col mio amico Carlo, ma un frase l’ho colta:
Se sei con te stesso, quello che hai lo offri
Ma se non sei con te stesso cosa puoi offrire?
Offri quello che vedi
Il bacio della buona notte (assolutamente da leggere)
We discussed optimism. I took the somewhat contrarian view of being pro-optimism but anti-optimist. That’s because self-identified optimists are like self-identified entrepreneurs: They’re creating an identity of a trait. In truth we are a jumble of things. Counseling “optimism” as an answer to those dismayed by being laid off or seeing their friends laid off, or even living in regular fear of layoffs, isn’t going to help much. It’s better to understand leverage, how to get it and how to use it.