“There are two times in a man’s life when he should not speculate: when he can’t afford it, and when he can” (Mark Twain)
Il campo da tennis, ed il gioco che lo stesso abilita, rappresentano uno specchio perfetto della nostra società.
Solitudine e scorciatoie. A tennis sei da solo. Chi ha giocato a calcio o pallavolo sa che la cultura degli alibi è semplicissima da mettere in pratica in uno sport di squadra. A tennis no. In un set giochi da 50 a 70 punti, alla sfiga puoi attribuire 1 o 2 di questi. Sfiga che comunque si allena perché quando la palla sembra oltrepassare la rete ma non lo fa, semplicemente non hai chiuso bene il finale. E quando esce di pochissimo vicino alla riga beh, non hai spinto abbastanza sulla gamba davanti. Non sarò così puerile da entrare nella polemica sulla superiorità o inferiorità rispetto al padel o (nuovo fenomeno) pickeball, lasciando al New York Times le considerazioni:
Di base:
è un ottimo workout
tutti possono giocare
è semplice diventarne “malati” (hooked / addicted)
Nonostante l’effetto Sinner (una manna dal cielo per il movimento) il tennis non è una bici elettrica, il primo anno fa schifo. Ognuno può mettere in campo le forze che ha, perché la tecnica a tennis conta forse meno del come arrivi sulla palla, quindi un buon atleta “la porta a casa”, ma la cosa bella del tennis è quel flow (un TED da vedere) che si genera solo quando lo scambio perdura, quando esponenzialmente crescono rabbia e fame per aver buttato di la la palla 12 volte, ma l’avversario 13.
Ma cosa insegna il tennis alla vita? Partiamo da un recente discorso di Roger Federer:
Effortless is a myth. People would say my play was effortless, most of the time they meant it as a compliment but it used to frustrate me when they would say he barely broke a sweat or is even trying. The truth is I had to work very hard to make it look easy. I spend years whining, swearing, throwing my rackets before I learned to keep my cool. The wake up call came early in my career when an opponent at Italian open public questioned my mental discipline, he said “Roger will be the favorite for the first two hours, then I’ll be the favorite after that. I was puzzled at first but eventually I realized what he was trying to say: everybody can play well the first two hours, you’re fit, you’re fast, you’re clear and after two hours your legs get wobbly your mind starts wondering and your discipline starts to fade. It made me understand I have so much work ahead of me and I’m ready to go on this journey. (…) So I started to train harder, a lot harder actually, but then I realize winning effortlessly is the ultimate achievement. I got that reputation because my warm ups at the tournaments were so casual that people didn’t think I’ve been training hard but I had been working hard before the tournament when nobody was watching. Yes talent matters, I’m not going to stand here an tell you it doesn’t, but talent has a broad definition, most of the time it’s not about having a gift, it’s about having grit. In tennis like in life discipline is also a talent and so is patience, trusting yourself is a talent, embracing the process, loving the process is a talent, managing your life, managing yourself, these can be talents too. Some people are born with them, everybody has to work at them. Perfection is impossible. In the 1526 singles matches I player in my career I won almost 80% of those matches. Now I have a question for you, what percentage of points do you think I won in those matches? Only 54%. When you lose every second point on average you learn not to dwell on every shot. You teach yourself to think “ok, I double faulted it’s only a point”, even a great shot “it’s only a point”. When you’re playing a point it has to be the most important thing in the world and it is but when it’s behind you it’s behind you. This mindset is really crucial because it frees you to fully commit to the next point at the next point after that with intensity, clarity and focus. The truth is whatever game you play in life sometimes you are going to lose a point, a match, a season, a job. It’s a rollercoaster with many ups and downs and it’s natural when you’re down to doubt yourself and to feel sorry for yourself and by the way your opponents have self doubt too. Don’t ever forget that. But negative energy is wasted energy. You want to become a master at overcoming hard moments that is to me the sign of a champion. The best in the world are not the best because they win every point, it’s because they know they lose again and again and have learned how to deal with it. You accept it, cry it out if you need to, and then force a smile. You move on, be relentless, adapt and grow, work harder, work smarter.
Ho vinto l’80% delle 1526 partite che ho giocato, ma ho vinto solo il 54% dei punti totali. È una statistica che mi spacca perché spiega quanto “sul filo” si giochi una vittoria, ma anche quanto i dati siano bugiardi perché se in un set si giocano 60 punti ed una partita dura in media 3,5 set (a Wimbledon si gioca ai 5) 60x3,5x1526 = 320.460 * 4% = 12 mila punti di differenza, non pochissimo.
Se dovessi ragionare su 5 cose che ho imparato giocando a tennis, che possono essere utili all’uomo più che al manager:
L’appagamento è una scelta: spesso gioco per il gioco e non per la vittoria, sono contento di fare un po’ meglio della volta prima e mi accontento. Non è ne giusto ne sbagliato, è così. Ma spesso chi ha più fame porta a casa la partita
La testa è fondamentale: la cosa più controfattuale che c’è è che a tennis le partite si vincono in allenamento. Se pensi troppo sbagli il punto. Ieri mi sono ritrovato a dirmi “goditela e desiderala”, ho perso. Bisogna desiderarla senza pensare di desiderarla
La correlazione tra i compiti per casa che fai e il risultato che ottieni è chiara e diretta: per qualche motivo sono andato in campo con 2kg in meno, ho vinto un punto in più. Ho detto al mio saggio amico Diego “vedi, è la testa che pensa che io stia meglio”, lui mi ha detto “no, è che stai meglio”
Nella vita puoi essere anche Gino e Italo: Gino e Italo hanno sicuramente 120 anni in due, ma vincono molte partite. Hanno un solo motto “se la butti di la non è detto che torni di qua”. Fino ad un certo livello, vince chi sbaglia meno
Devi avere un piano: il tennis è uno sport estremamente semplice da comprendere, ma è difficilissimo fare quello che si sa andrebbe fatto. Una palla non troppo veloce vicino alla linea di fondo, costringe l’avversario a fondo campo. Giocare “un vincente” da fondo campo è estremamente difficile. Una palla molto forte a metà campo consente all’avversario di “mettere la racchetta” e usare la tua forza per fare punto. Cosa giocano il 99% dei tennisti? La palla forte, fanno la scelta peggiore
E il servizio? Il turno di servizio è la cosa da non sbagliare. È la tua partita in casa, la palla la butti di la tu e l’avversario risponde. A livello amatoriale il numero di doppi falli (cioè buttare via un 15) è elevatissimo. Il doppio fallo è lo specchio della vita: a volte fai scelte molto errate ma hai sempre una seconda possibilità. Se però sbagli due volte, sei semplicemente scemo. E paradossalmente il tennis ci insegna, che a non essere scemi ci si può allenare. Buona domenica
D'accordo su tutto tranne "il tennis è uno sport estremamente semplice da comprendere": io ancora cerco di farmi spiegare da mio marito come diamine funzionano i punti ^^'
Ogni giorno sul lavoro mi sento costantemente in una partita di tennis in cui mi concentro a buttare la palla di là il meglio possibile. A volte però è logorante e controproducente. Se tutto potesse essere ricondotto ad un ace o ad un serve & volley non sarebbe male.