Cos'è Cos'è che fa andare la filanda
Ciao, sono Giorgio. Se ti hanno inoltrato questa mail e vuoi iscriverti si fa da qui.
Il pensiero del giorno - E se la fine dei Social Networks fosse un mal di testa dei boomer?
È molto difficile scrivere di content marketing di questi tempi. Si corrono due rischi: il primo è quello di usare come sinonimi terminologie che in questa partita sono rilevanti (social media, social network, content marketing), il secondo è quello di farsi prendere dalla tattica, guidati dall’articolo in stile “la SEO è morta” di turno, nello specifico: “The age of Social Media is ending”. Di come Facebook e Instagram non se la passino così bene è già stato scritto veramente tanto, ma è a mio avviso tempo di fare chiarezza su alcuni punti.
In primo luogo quando si addita al passaggio “from cool to cringe” dell’ecosistema Meta, ci si riferisce alla Ferrari che se la passa malissimo nel mondiale, ma non per questo la Formula 1 deve chiudere. Siamo indubbiamente di fronte ad una frammentazione del mondo del Social Networking dove forse, semplicemente, the best is yet to come. La difficoltà in tempi come questi è quella di vedere le piattaforme per quello che sono, dei winner-takes-all di un tempo che oggi vedono l’ecosistema maturare, e quindi vedono emergere nuovi attori nello stesso. Perché l’ingresso di Disney+ in un mercato dominato da Netflix fa meno rumore dell’ingresso di Tik Tok in quello dominato da Facebook? È l’attenzione, bellezza.
In secondo luogo, va sottolineato un boomer bias. Non mi sembra che i prati siano pieni di ragazzini che giocano a pallone, cosa fanno quindi queste persone? Come riportato dal report di Whalar “reaching the unreachables”, siamo di fronte (e parlo della Gen Z) ad un pubblico annoiato dalle Ads, che non guarda la tv se supportata da annunci pubblicitari. Che fa questa gente? Anziché leggere solo i report, bisogna parlare con le persone. Guarda streamer su Youtube che giocano a Roblox o scorre stancamente Tik Tok. La storia dell’Instagrammer che passa su Substack e migra metà dei follower, mi convince fino a un certo punto. Pensare di disfarsi della sciagura dell’addiction scherzando il metaverso di Mark Zuckerberg è buttare il bambino con l’acqua sporca, è non aver capito l’ecosistema. L’addiction è viva e vegeta, solo che succede altrove.
Da ultimo, il mondo delle opportunità. Le app di AI (Lensa e Chat GPT) hanno dimostrato che le persone hanno voglia di sperimentare, ma anche altri angoli diventano interessanti, dalla scrittura etica al mondo della campagne creative che tornano di gran moda. Si tratta solo di comprendere che questo mestiere è diventato più frammentato, difficile e meno robotico, bisogna farsi su le maniche.
Dai tempi del circo, le persone consumano intrattenimento ed hanno degli idoli. Messi ai mondiali, Messi e i mondiali, per capirci. Quello che sappiamo noi è che sulle piattaforme agonizzanti c’è ancora un sacco di gente, su quelle emergenti l’attenzione è più viva che mai, e il voyeurismo digitale è la nuova tv. Non mi sembra un ecosistema morente solo perché la gente non pubblica ma segue, non scrive ma guarda. Creeremo più contenuti video e meno testuali, ripenseremo i formati. È vero che l’advertising è guidato da un macchina, ma davvero pensavamo che il nostro mestiere sarebbe stato imputare dati di CPC minimo su un pannello al posto di progettare journey sociali e punti di contatto con un prospect o cliente? Il marketing è comprendere se le persone devono risolvere un problema o vogliono vivere un’emozione, e come si comportano per rispondere a questo mal di pancia. Il branding è convincere che il tuo prodotto è quello giusto per far passare quel mal di pancia. Il resto è un mezzo non un fine, ma sono venti anni che con mezzi e fini si campa di marketing digitale. Come sempre, non è cambiato nulla, abbiamo solo paura delle scosse di assestamento del sistema.
L’aforisma del giorno
“Fare facilmente ciò che gli altri trovano difficile è il talento. Fare ciò che è impossibile al talento è il genio" (Ignoto)
Link interessanti
Un ottimo modo per vuotare le tab di Chrome:
Il libro: Dentro l’algoritmo. Le formule che regolano il nostro tempo - di Donata Columbro
L’articolo fighissimo del giorno: Have we hit peak Nostalgia?
Il tool mai più senza: Un anno di ricerche 2022
Il tema che non conoscevi e ora conosci: La prima dieta creata con ChatGPT
Il link che salverà le vostre slide: Stop running to new social networks
Altri link
Real Time Marketing:
Voglio andare a vivere in campagna:
Snap e New Balance e la realtà aumentata
AI Generated Paio di Nike (via Pinar Seyhan Demirdag)
Mettere questo link ti renderà figo. Anche cliccarlo. Anche condividerlo: I video Youtube più popolari del 2022
Ho l’influenza
L’influencer marketing può battere per ROI/ROAS le classiche leve “lower funnel”? Se un tempo c’era da vergognarsi a farsi questa domanda oggi non è più così. Il punto è che la specializzazione tematica degli influencer li ha portati a intercettare un pubblico “pronto quasi come quello della shopping” all’acquisto. E molto più fedele / meno scettico. Del funnel salvo le dinamiche di notorietà / conversione ma il punto è che tutti i media intervengono in tutte le fasi. Non si tratta di avere solo una visione full funnel, ma anche “full media mix” in ogni fase del funnel.
Faccio questa considerazione dopo la collaborazione che con Raró abbiamo attivato con i ragazzi di Cosamangiamoggi. I dati sono senza dubbio parziali perché parliamo di un’iniziativa spot e poche vendite, ma se è possibile estrarre un pattern il mio è questo:
Iniziativa dedicata a livello di contenuto (bisogna fare fatica a pensarla)
Promo / Codice sconto (bisogna dare qualcosa di unico o quasi)
Nessuna ansia (se anche non si va a ROI di primo livello con le vendite, se si lavora bene le esternalità positive sul brand ci saranno)
Una partnership sponsorizzata che “si è ripagata”. Il next step sarà quello di costruire una collaborazione più strutturata con gli influencer che hanno funzionato e cercarne sempre di nuovi. Non banale.
Cose che non sapevo dove mettere + 1 link senza fine
Ne verso metà:
Vi dirò una cosa di marketing
Vendere e comprare non è la stessa cosa. È molto interessante la dinamica da agenzia “visionaria” che ormai vende campagne, che fa il paio con quella del cliente, che ormai compra risultati. In questa romantica visione vi è poi lo specialist di turno (da ambo le parti) che fa la conta delle giornate (o ore) da compravendere come al mercato del pesce. E ancora una volta a fare la differenza è la comprensione delle necessità del cliente, e delle competenze dell’agenzia. È ora di smettere di vendere il PED, il numero di elementi, la reach al kilo. Va trovato un modo nuovo, ci penserò e vi terrò aggiornati.
Imparare l’inglese
Murkiness —> Foschia, Torbidità
KPI
ChatGPT got to one million users in just five days. (via Exponential View)
Kudos
Mi è piaciuta l’intervista di Marcello Ascani a Davide Dattoli
Condividi questo post
Ma la moglie di Anselmo, non lo deve sapere
Questa newsletter si impegna a diventare English Free entro il 2030. Mi chiamo Giorgio, faccio l’amministratore delegato di Marketing Arena ed ho scritto Marketing Agenda. Scrivo su Pensiero Industriale
Le mie fonti
Il feed di Alessio Pomaro, La newsletter di Giorgio Taverniti, La newsletter di Gianluca Diegoli, La newsletter di Gummy Industries, La newsletter di Cristiano Carriero, La newsletter “link molto belli”, La newsletter Marketing Ignorante, Alcune newsletter americane, Ellissi, Azeem Azhar