“Sono tanto più felice quanto più sono libera” (Caroline Böhmer-Schlegen-Schelling)
Dal piano 44 di un grattacielo di Recoleta la vita non può essere difficile. Il kit dello scrittore comprende: aria fresca, mac nuovo, e tutti i libri che servono. Lo finirò “Magnifici Ribelli” di Andrea Wulf, ma non servirà troppo a raccontare Buenos Aires. Un affare davvero complicato. Come diceva Goethe “la gente vuole sempre che io prenda posizione - bene, io sono dalla mia parte”. La parola con la quale fare i conti è verità. L’errore narrativo potrebbe essere quello di infilarsi con un registro malinconico in quello che il lettore si aspetta: la narrativa del paese delle contraddizioni. Non è li che proverò a portarvi, anche perché:
La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla (G.G. Márquez)
Deve esserci un mercato, quello dei quadri paraculo, che servono ad arredare con meno di 19 euro gli AirBnb. Il gestore diventa User Persona (con l’architetto a influenzare un po’) e nascono cose divertenti come i metal poster di Displate che fanno quasi 1m di follower su Instagram. Il testo del quadro paraculo merita di essere letto:
This is your life. Do what you love and do it often. If you don’t like something, change it. If you don’t like your job, quit. If you don’t have enough time, stop watching tv. If you are looking for the love of your life, stop. They will be waiting for you when you start doing things you love. Stop over analyzing. All emotions are beautiful when you eat, appreciate every last bite. Life is simple. Open your mind, arms and heart to new things and people. We are united in our differences. Ask the next person you see what their passion is. And share your inspiring dream with them. Travel Often; getting lost will help you find yourself. Some opportunities only come once, seize them. Life is about the people you meet, and the things you create with them so go out and start creating. Life is short. Live your dream and share your passion.
Non è stato semplice ieri mattina sentirsi nella parte ricca del mondo mentre mezza Argentina protestava contro il suo presente, per il suo futuro, forse a causa del suo passato. C’è molto del tifo delle curve argentine nel gesto collettivo di scaldarsi e gridare, nell’essere cosa sola. In un paese in cui la cosa più importante nella vittoria del mondiale è il sollievo umano e politico che quell’accadimento significa. Come ha detto qualcuno, Buenos Aires è un viaggio complicato e dolce.
Nel loro litigare filosofico, Shiller e Fichte concordavano su una cosa: scienza e arte dotavano l’Io del libero arbitrio. Buenos Aires fa questo, ti lascia libero. Forse questa è davvero la patria della dura verità e del “le cose sono come sono”. La prima cosa che mi ha detto Federico, da 20 anni in Argentina, è stata “mi sono reso conto che qui la vita vale poco”. Me ne sono reso conto anche io a Lanus, quando l’Uber ha spento l’auto perché aveva finito l’acqua nel motore e Giulio aveva il dito sul 911 dall’app di Uber. Poi l’ha fortunatamente riaccesa. Che poi se hai letto Don Winslow non è che sei serenissimo neanche a chiamare il 911…
Nella mia vita ho visto i cani arrosti nei mercati del Vietnam, un pezzo di Africa e Sud America, ma anche Russia e Macao. Ho imparato che quando torni, la vita torna quella di prima, non sarebbe corretto dire che cambieranno le cose, ma cambierai tu, quello si. Quello che più mi ha colpito non sono i 3 dollari per una corsa in taxi di mezzora, o i 40 euro per un pranzo vicino allo stellato Michelin: è la disponibilità intermittente di sicurezza e beni di base. Buenos Aires è una capitale moderna, di una bellezza disarmante, nel centro più pulita di Londra e più storica di Lisbona. Ed è una capitale con una dignità enorme. Ma non è sempre sicura, ed a volte mancano le cose. Questa incapacità di disegnare il futuro al millimetro, di determinare ogni momento (paragonabile per me alla vita prima e dopo l’invenzione dell’orologio) fa degli Argentini persone del presente, degli YOLO (you only live once) mai sfacciati, semplicemente pronti ad accogliere la vita come viene.
Il marketing qui non è sofisticato. Stavo studiando il modello SOSTAC (che non conoscevo):
Penso che in pochi si preoccupino di applicarlo da queste parti. Amazon è molto meno conosciuto di Mercado Libre ed il commercio è ancora molto legato alla relazione e alla negoziazione, con un peso del peso che si fa sentire: l’inflazione al 30% non lascia scampo. Gli italiani sono i Tanos, siamo un po’ fratelli e gli argentini ci vogliono bene. Tesla? Pochissime. Biciclette? Pochissime. 13 milioni di persone di cui 4 nel centro che brulicano comunque festanti. Nel nostro mondo, l’immaterialità ha reso l’attenzione “the currency of the information age” come ha detto James Gleick in “Time travel: a history”. Tim Wu ha scritto in proposito un librone che si chiama “The attention merchants”. Non ho mai avuto la sensazione che questo fosse il tema da queste parti: il Wertform di Marx, cioè il consumo sensato, legato al valore delle cose, da noi si è perso da tempo. Emanuela Fornari in “Cybercapitalismo”, la tocca piano:
Il capitalismo, preso da una pulsione di morte, perde ogni caratterizzazione produttiva, iniziando ad acquisire i caratteri del dominio e della violenza simbolica. (…) Qui la moda rivela l’ultimo stadio di evoluzione della merce nella sua passione suicidiaria per un passato sempre da resuscitare. La moda: l’assenza del bisogno naturale nel gioco di pura seduzione esercitato dalla combinatoria di segni linguistici e monetari
E se il prossimo trend sembra la Mob wife aesthetic, qui tutto profuma di anni 90, forse 80. Il termometro della vita lo disegnava Elio in una canzone non politicamente corretta:
Quel bisogno di scarpe che non vuole sentire ragioni
Cosa sono i milioni, quando in cambio ti danno le scarpe
Qui hanno tutti scarpe brutte. Di quelle da prezzo che si comprano al mercato rionale. Si, come quelle da prezzo che indossano le 20enni londinesi, però più brutte. Insomma qui l’immaterialità grazie a Dios (che gioca con la 10 e si chiama Diego) deve ancora arrivare.
La verità è questo paese cura la FOMO. Ogni giorno cerco un traghetto per Punta Del Este, non c’è. Poi voglio andare in Perù: 10 ore. Troppe. Mendoza: le strade sono dissestate. Il tennis a Temperley: si, ma forse muori. Se Milano si fa prendere a pugni da te, a patto che tu abbia il portafoglio abbastanza gonfio da supportare i tuoi ganci, a Buenos Aires non interessa. Possiamo prenotare un tavolo? No, venite e se c’è posto entrate. Occhio su un punto, è una città decaduta ma non decadente: da Don Julio si prenota (non ci sono riuscito) e si paga. Ma non è la normalità. Outlier. Buenos Aires è la patria dell’improvvisazione, della creatività non stimolata, semplicemente viva.
Torno con nel naso il “pozzo di piscio e cemento” (De Andrè) che i barrios a volte regalano (De Andrè) ed in mano “una valigia di ciondoli, un foglio di via” (De Andrè) ma anche con la convinzione ancora più viva che le cose sono come sono ed i capricci da post-modernismo non scalfiranno lo ieri e il domani di chi di vede aumentare il pane del 30% da un momento all’altro. Come novelli conquistatori scarichiamo dollari nei ristoranti locali saccheggiando forse una povertà di denaro, e comprando in cambio trasfusioni di spirito che semplicemente servono a tutti. Tanto come sempre:
Passa la vita, come una señorita, de amor
Apre il ventaglio e mette a repentaglio i cuor
La pampa attende in un silenzio d'erba, fulgor
Che ritorni l'uomo-cavallo
Nell'intervallo del suo stupor, baglior, albor
Passa la vita
Grazie, dal capo opposto del Paese :-)
gentilmente se tutte le prossime newsletter le fai così è perfetto grazie