“Una delle condizioni del sentirsi a casa è far parte di una cultura che ci lega, con un’infinità di fili nascosti e ingarbugliati, a un gruppo e a una memoria comune, dandoci quindi un senso di appartenenza” (Eva Illouz)
C’è un passaggio forte in uno dei discorsi che Sergio Marchionne ha tenuto agli studenti: “Aveva ragione Cesare Pavese quando disse che viaggiare è una brutalità. Obbliga ad avere fiducia negli stranieri e a perdere di vista il comfort familiare della casa e degli amici. Ci si sente costantemente fuori equilibrio. Nulla è vostro, tranne le cose essenziali – l’aria, il sonno, i sogni, il mare, il cielo. Tutte le cose tendono verso l’eterno o ciò che possiamo immaginare di esso”. È forte perché è vero.
Per me scrivere rappresenta un “impegno al contrario”: se scrivo è perché ho tempo di pensare. Lo trovo ora. A volte gli eventi sono abbastanza per avere una storia, unire i puntini, qualcosa che lasci uno spunto anche a chi legge, sicuramente minore del “beneficio da scarico e pensiero” che offre a chi scrive. Ci sono voluti 1792 kilometri in 6 giorni per portarle a casa quelle storie. L’11% del tempo vissuto in auto. Fa riflettere
I posti del cuore sono “del cuore” perché mixati a routine e persone risolvono problemi, o di certo non ne creano. Martin Heidegger sosteneva che “abitare nel mondo” significa poter fare le proprie cose (lavorare, giocare, esistere) senza porsi alcun problema. Ne ho fatto una scorpacciata. L’Hotel Doria di Lerici ed il più famoso Venice Venice hanno una cosa in comune: caring ed esperienza. Chiacchierando con i direttori capisci che l’occupazione delle camere è un’alchimia di pricing (perché dagli sconti non si torna più indietro) e distribuzione. Entrare nella selezione degli hotel American Express ad esempio “si sente”. Da queste parti il revenue management è una cosa seria. In entrambi i luoghi però capisci che la fedeltà è premiata: i prezzi possono cambiare per gli ospiti fedeli ed il mix tra cliente di ritorno e “one shot” è ben orchestrato. Il tonno buono si mangia al Glam, sempre Lerici
Un salto a Venezia a fare gli esami e poi via a Genova, Twow compie 10 anni e presenta il suo rebranding. Paolo ed Emanuela sono due persone belle, ne chiamano sul palco altre, i cazzoni siamo io, Rocco Rossitto ed Enrico Marchetto. Enrico racconta di uno speech che ha visto di recente: una persona si fa ogni mattina 20 minuti di call su Zoom con 3 suoi alter ego AI: amministrativo, project management e marketer. È l’agentic AI, bellezza. Il tema è ancora nebuloso (da leggere questa voce fuori dal coro, via Vladi Finotto. Da vedere questo video, via Marcello Ascani), io e Marchetto siamo “i terrorizzati”, gli altri più tranchant e allineati alla posizione “l’AI non ti ruberà il lavoro, ma una persona che sa usare l’AI si”. È pur vero che il lavoro al casellante non l’ha rubato una persona che sapeva usare il telepass, ma proprio il telepass.
La tavola rotonda si chiude con “una parola a testa”, dico salienza. Enrico dice “secchione”, è una parola bellissima, vince. Bisogna studiare come i matti, essere secchioni, sono questi tempi qua. Andiamo a cena, sapete come si riconosce un professionista figo da uno scarso? A cena quello figo non ti parla di lavoro. Abbiamo parlato di giochi e cultura, romanzi e tennis. Twow presenta un rebranding consistente, l’agenzia è maturata, la O è una finestra sul mondo, una bellissima intuizione per un logotipo che diviene generato e generativo. È sabato mattina vado a Venezia. Mi fermo a Rovigo scarico il pesto del pastificio artigiano di Sestri, la mamma lo versa sulle trofie e mi trasforma in un tennista satollo. Luca e Geremia sono annoiati, Camilla fa un altro (troppo ravvicinato al precedente) caffè, il maestro vive la vita. Doppio?
Geremia ha 15, forse 16 anni, mi racconta nel dettaglio la storia del crimine italiano degli anni 80. È TikTok, sono le storie di quel tempo che, alla “generazione degli highlights”, arriva sotto forma di Youtube Shorts e Tik Tok. Distillato ma ancora triggherante. Un concetto di Edutainment ben raccontato da Alessando Mininno che scarica l’ennesima bordata sotto forma di podcast per Veni, Vidi, Videns. Da ascoltare.
Ci liquidano 6-2 in 50 minuti, e se quello in coppia con me era il maestro, a chi intestiamo la sconfitta? 😇. Via a Venezia. C’è in ballo una cena con Emilia e Marco. Non diffido mai di chi consiglia buoni libri, Emilia cita “Moneta e Promesse” (che racconta anche la storia dei Bancogiro veneziani, ecco il titolo di questa missiva), “confessioni di un Baro” e Donald di Stefano Massini (il suo “qualcosa sui Lehman” è un libro leggendario). Emilia e Marco sono outlier per stipendio e cervello, non per storia. La tirannia del merito spiega bene che il merito è in realtà la somma di occasioni e consistenza. Le occasioni le creano anche mamma e papà investendo nel futuro dei figli. Sicuramente loro hanno avuto occasioni, ma molte meno di altri. Le hanno sfruttate tutte partendo rispettivamente da Bergamo e Valenza. Parliamo di tutto, il privilegio di cenare coi piedi in acqua è pazzesco
Il costo umano e sociale di vivere a New York, Milano o Londra è noto. Marchionne in apertura lo spiegava bene. Una cena a Venezia, la Grecia, e quel maledetto agosto in cui tornare per tre settimane comunità sono bramati. Il mio compagno di banco che mi disse “mi brucio i 20 per godermi i 30” confermerebbe. I miei studenti che mi guardano straniti dicendomi che non hanno idea di cosa fare di loro stessi da li a sei mesi aspettano risposte. Io le ho trovate nelle persone e nelle situazioni (ecosistemi e cornici) a me più care. I soldi son una carta importante da spendere ma loro utilità è incredibilmente decrescente. Apprezzo ogni giorno di più il valore di una disillusa accettazione della vita: se si parte dall’idea di arredare i propri inferni dando agli stessi dignità e guardandoli con un sorriso cambia tutto. Non è scritto da nessuna parte che la vita debba essere ogni giorno euforica, nessun posterà con la stessa grinta il concerto dei PTN e la sera successiva in cui davanti a Netflix ha mangiato una pizza scongelata male. Ecco, per ogni PTN ci sono 6 sere di pizze scongelate male. Ci sono le domeniche di lavoro da fare con Marco, che però dice “se c’è il mio team ci sono anche io, e se ci sono è perché c’è da fare, non perché mi piace soffrire come sadicamente qualcuno ha fatto in passato con me”. Le cose sono cambiate, la vita è complessa ed in un momento in cui cadono le bombe dal cielo è importante immergersi nelle storie giuste, ed al tempo stesso amare le proprie.
C’è marketing in tutto questo? Tantissimo, perché la parola strategia non è altro che un contenitore vuoto se non la si riempie di etnografia, senso, cultura e pensiero. Anche 1792 kilometri dopo.
🔝 post Giorgio.
Sono stato viaggiatore prima di viaggiare.
Ho viaggiato molto e continuo a viaggiare anche quando sono fermo.
Ne scrivevo qui alcuni anni fa
https://www.travelforbusiness.it/matera-viaggio-nel-viaggio/
❤️❤️❤️