“Vedevo le fate dappertutto” (Paul Fort)
Qualche tempo fa un amico che si occupa di gestione di grandi patrimoni mi disse “uno dei più grandi problemi delle persone ricche sono i figli”. Si tratta di un tema cruciale anche per chi ricco non è, soprattutto perché l’educazione e lo studio dei figli rappresentano per una famiglia italiana media una grande occasione di portare l’ascensore sociale ai piani più alti che lo stesso possa raggiungere. O almeno su di uno.
Il tema mi ha appassionato, al punto da parlarne velatamente con più persone con l’obiettivo di indagarne le sottese verità. Una delle cose che ho capito è che per le proprie passioni (non dite a mia madre che compro bottiglie di rum, lei mi crede pianista in un bordello) e per ciò in cui si crede, i soldi si trovano. I figli sono una di queste cose, perché rappresentano il futuro del nucleo familiare. Leggevo da qualche parte che in oriente accade spesso che sia un intero villaggio a prestare i soldi ad una famiglia per far studiare il giovane di turno in città. Tutto questo accade in un’epoca che, in uno studio intitolato Perfectionism is increasing over time, Curran e Hill hanno definito “del perfezionismo”. Per farla breve, il cane sempre felice su Instagram ed il fisico scultoreo mostrato con disinvoltura (dalla scollatura, direbbero gli Articolo 31 in una bella e poco conosciuta canzone) potrebbero essere direttamente correlati ad ansia, solitudine e depressione nei giovani.
Che i figli rappresentino, in maniera totalmente erronea, i sogni non realizzati di padri e madri è ormai chiaro. Il mio ad esempio dovrebbe fare il pilone alla Rugby Rovigo. Quello che è però meno chiaro è come investire quel denaro che dall’anno 0 molti hanno ligiamente risparmiato, o che magari dall’anno 13 sono disposti a prendere a prestito. Scuole internazionali e private sono tra le prime scelte, ma c’è un perché che non mi convince. Giusto per rimanere a Nord-Est, l’idea è quella che se tuo figlio studia con il figlio di grande_industriale_locale allora entrerà in un circolo di networking e noblesse che in qualche modo impatterà sul suo futuro. Con una strambata degna di Luna Rossa svelerò però un segreto: i figli di molte delle persone più smart che conosco non stanno seguendo questa strada, va invece molto di moda l’interessantissimo quarto anno di liceo all’estero. Il tema destabilizza, ma merita di essere trattato perché tutti abbiamo un amico che deve decidere o orientare le sorti della prole.
Quale correlazione quindi tra “bravura” e percorso scolastico? Prima di ragionarci partiamo da un dato ripreso da Will:
Abbiamo un problema di occupazione. Ma anche di essere attrattivi (sembra che la parola attrattività non esista in italiano). Il dibattito sviluppatosi sotto il post di Giulio Buciuni è segnale di quanto caldo sia il tema: è colpa delle startup! No è colpa delle multinazionali! E il credito dove lo mettiamo?
C’è prima di tutto un problema di linguaggio, questo è un dialogo per privilegiati. Barbara che fa la maestra ed ha due figli non accede (ma avrebbe accesso) alle fonti cui noi siamo abituati, il suo LinkedIn è ancora il domenicale di repubblica o la chat dei genitori. Lei non sa chiedersi se quella scuola internazionale sia una bolla per figli di papà o un posto più figo che mai, perché ne è abbagliata dall’allure che profuma di AI. Ed onestamente nemmeno io che leggo LinkedIn so rispondere.
Una convinzione però io ce l’ho: non fate di vostro figlio un cyborg.
Il rischio più grande che abbiamo davanti è quello di progettare il futuro di un figlio, commettendo tipicamente tre errori:
Pensare che una laurea in economia o in ingegneria lo renderà automaticamente felice perché troverà un lavoro. Falso: troverà un lavoro solo se sarà un bravo economista o ingegnere, ma non lo troverà mai se odierà la materia. Meglio un filosofo appassionato che un economista incazzato. Tra l’altro una delle cinque persone più pagate di Marketing Arena è laureata in filosofia
Riempire i bambini di (troppi) stimoli. Se è vero che il futuro è dei generalisti (Tomas mi ha consigliato di recente il libro Range), non sono certo che ingozzare i figli di troppe attività sia la scelta giusta
Leggere il loro futuro coi nostri occhiali. Il mondo è cambiato troppo velocemente per reggere i vetusti metodi che pervadono il 90% delle esperienze di insegnamento, perché Ermanno Ferretti piace agli studenti? Perché ha innovato il proprio delivery, mentre tutti si concentrano sul content. La domanda non è più “come si spiega la seconda guerra mondiale” ma “come si spiegherebbe su Tik Tok la seconda guerra mondiale”. Forse ha ancora senso imparare una poesia a memoria, ma non può essere solo quello
Insomma, se vogliamo evitare un futuro di umani perfettamente morti, ha senso progettare per l’imperfezione, non elogiare il fallimento ma accettarlo e non sentirsi indietro nella vita, che non ha senso
Buon lunedì
dopo più di trent'anni di selezione e osservazione del mercato del lavoro, ti confermo che poche cose sono predittive per capire il futuro professionale di una persona. Una delle poche è aver fatto il quarto anno di scuola superiore all'estero. Su questo non ci sono dubbi, a parte le eccezioni.
L'unico rimorso che ho del periodo da "figlia a carico" non è stato il mancato quarto anno all'estero (frequentavo un liceo troppo sperimentale per trovarne di simili fuori), ma aver fatto solo l'Erasmus e non tutto il biennio di specialistica fuori casa. I miei genitori mi hanno dato libertà infinita di scegliere esattamente il percorso che fosse nelle mie corde e farò uguale con i miei figli, ma il periodo fuori dai confini se lo dovranno fare, prima o dopo :)